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“Non ero arrabbiato, mi mancava la felicità.”

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Ablà è un ragazzo liberiano. La sua vita è stata sempre scandita dalla guerra. Ogni volta che sembrava essere finita, poi riprendeva. Sognava di studiare nel suo Paese, ma la guerra non ti permette di studiare. Quando la madre di Ablà si è ammalata, suo padre ha speso tutti i suoi risparmi per permetterle di curarsi, ma la donna non è riuscita a sopravvivere. Senza nessuna risorsa economica, il sogno di studiare si è allontanato sempre di più.

A 15 anni, Ablà è costretto a lasciare la sua terra: in ogni paese dell’Africa occidentale in cui si ferma, lavora per guadagnarsi il denaro per poter continuare il suo viaggio. Attraversa il deserto del Sahara e arriva in Libia. Lì riesce a trovare lavoro come commesso in una bottega, ma le milizie locali lo rapiscono e chiedono un riscatto per rimetterlo in libertà. Ablà non ce li ha tutti quei soldi e quando riesce a fuggire, viene catturato nuovamente. Si libera per la seconda volta, ma i suoi aguzzini lo scoprono e gli sparano. Cade a terra, rimane immobile e si fa credere morto. È l’unico modo per salvarsi. Alcune ore dopo, un uomo lo vede accasciato a terra e si avvicina. Ablà è ferito a una gamba, perde moltissimo sangue, ma è vivo. L’uomo che si è avvicinato a lui lo accompagna in ospedale, ma Ablà perde troppo sangue: il ragazzo chiede di chiamare i suoi familiari per avvisarli che, probabilmente, quella sarà l’ultima volta che si farà sentire.

A causa delle milizie, anche rimanere in ospedale è pericoloso: grazie all’aiuto di un amico raggiunge una spiaggia dove resta per giorni, continuando a perdere sangue. Riesce a fuggire insieme ad altri compagni di viaggio ma, a bordo di un’imbarcazione fatiscente, rischia di annegare in mezzo al Mediterraneo. Le prime cure per la sua ferita le riceve solo dopo essere stato trasferito su una nave sicura grazie a un’operazione di ricerca e soccorso.

Come è riuscito a rimanere in vita nonostante l’ingente perdita di sangue e gli stenti vissuti durante il viaggio? Dalla Liberia alla Sicilia sono moltissimi chilometri, ed è solo dopo il suo arrivo ad Augusta che viene finalmente operato. Nell’ospedale di Catania, l’intervento riesce bene: con un po’ di riabilitazione, Ablà potrà tornare a camminare.

Il suo viaggio, però, non finisce qui: Ablà ha 15 anni e in Italia è arrivato completamente solo. È un minore non accompagnato e – per questo motivo – viene trasferito dall’ospedale a “Casa Freedom”, il Centro di accoglienza a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa. È qui che, due anni fa, l’ho conosciuto.

Le mani di un paziente e di un medico EMRGENCY durante una visita

Il team di EMERGENCY, che lavora all’interno del Centro, dà continuità alle cure di cui il ragazzo ha bisogno: Ablà rispetta la terapia, esegue gli esercizi prescritti dal nostro medico, ma non sorride mai. Ogni volta che vado a trovarlo nella sua stanza, mi sembra sempre arrabbiato. Poco dopo, Ablà viene trasferito e questa volta ad ospitarlo è il Centro che si trova nel Comune di Pachino. Qui comincia a frequentare la scuola, segue un corso per diventare mediatore culturale e svolge un tirocinio nella reception di una struttura turistica. Il suo viaggio dalla Liberia all’Italia diventa, nel frattempo, anche un racconto, in attesa di essere pubblicato dopo la vincita di un concorso letterario.

Qualche giorno fa lo abbiamo rincontrato: Ablà ci confida che all’inizio della sua esperienza lavorativa in reception, il suo datore di lavoro era perplesso. Anche al lavoro, Ablà non sorrideva mai e gli fanno notare che accogliere i turisti con il broncio non va bene. Per non perdere il posto di lavoro, Ablà deve cominciare a sorridere. Pian piano però, ci racconta anche che sorridere aveva le sue conseguenze: in risposta ai suoi sorrisi, Ablà ne riceveva altrettanti. Allora gli domando se si ricorda ancora di quando, appena arrivato, era sempre arrabbiato. “Non ero arrabbiato” – mi corregge – “mi mancava la felicità”.

Yohanes, mediatore culturale di EMERGENCY