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I tanti Mohammed di Enzo Baldoni

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20 anni fa, il 26 agosto 2004, Enzo Baldoni veniva ucciso in Iraq. Anche lui è stato vittima della guerra e delle sue conseguenze. Lo abbiamo conosciuto nelle settimane precedenti, prima in Italia poi a Sulaimaniya. Abbiamo raccontato questo incontro in due articoli del 2004, che qui ripubblichiamo.

Dalla rivista trimestrale di EMERGENCY, numero 32, settembre 2004

I tanti Mohammed di Enzo

Il ricordo di una breve, intensa collaborazione con un amico, vittima della guerra

In partenza per l’Iraq, era stato da noi in sede, a Milano. Voleva sapere se, come, dove … Enzo Baldoni voleva conoscere i nostri ospedali, intendeva visitarli.

Una conversazione, la convivialità sobria e breve di una pizza e un arrivederci, perché pare scontato che ogni partenza abbia anche un ritorno.

S’è fatto sentire (leggere) poco dopo, mercoledì 11 agosto. Allegava alla «mail» una sua foto con un iracheno di nome Mohammed che aveva incontrato, del quale ci riferiva la storia.

«Mentre gli americani stavano entrando a Bagdad, un Bradley ha cannoneggiato l’ambulanza» sulla quale stava raggiungendo l’ospedale con la moglie prossima al parto.

Una storia come troppe
tutte uniche e drammatiche

Morti il figlio prima di nascere e la moglie prima di partorire, lui, Mohammed, è rimasto in vita senza gambe.

Aveva bisogno di protesi per riprendere a vivere. Enzo ci chiedeva se e come fosse possibile averle da EMERGENCY.

A Sulaimaniya, gli abbiamo risposto, vicino al nostro ospedale, è attivo un Centro di riabilitazione di EMERGENCY. Bastava che lo raggiungesse.

Le cure mediche, eventualmente chirurgiche, sarebbero state ovviamente gratuite, come le protesi e la riabilitazione.

Tra riferire e agire
Lo sguardo partecipe

«Curioso» è stato definito nei ricordi di molti amici.

Ma non curioso soltanto; anche coinvolto, incapace d’essere spettatore passivo di quel che gli si presentava.

«Provvederò personalmente a trasportare Mohammed a Sulaimaniya e a procurarmi tutti i lasciapassare. (Scusami: in questo momento mi stanno venendo i lucciconi. Stupida emotività)».

Aveva avuto da noi anche l’indirizzo di posta elettronica di Hawar, che coordina le attività di EMERGENCY a Sulaimaniya.

Gli ha scritto preannunciandogli un seguito che è mancato perché i suoi assassini avevano stabilito un appuntamento con lui.

Il suo ultimo «servizio»
Il dovere di completarlo

Se prestare cure costituisce la nostra attività, svolgerla ci pare in questo caso doveroso a doppio titolo.

Dare seguito all’azione non giornalistica di questo giornalista è il più rispettoso dei modi per ricordarlo.

Abbiamo chiesto a Hawar d’impegnarsi nella ricerca di Mohammed.

Ignoravamo dove abitasse e il nome estremamente diffuso non facilita l’individuazione. Non è infrequente nemmeno la condizione di trovarsi senza le gambe, in questi posti di mine e di guerre.

È di qualche aiuto quella sua fotografia con Enzo che molti giornali italiani ci hanno chiesto e hanno riportato.

Piccole, comprensibili astuzie
che coincidono con l’intenzione

In seguito a un’inserzione su giornali iracheni, abbiamo ricevuto segnalazioni. Più d’una. Molte.

Il primo della serie abita in una zona lontana dai luoghi dove solitamente operiamo: ad Al Amarah, a nord-est di Nassiriya, sulla strada che collega Bagdad a Bassora.

Un nostro mezzo Io ha raggiunto e ha constatato che non si tratta della persona che cercavamo. Di una persona, però, che ha lo stesso diritto allo stesso aiuto.

Abbiamo constatato che quell’annuncio ha acceso aspettative e speranze in molti che non coincidevano con chi cercavamo, ma rispondevano alla condizione di bisogno che aveva colpito Enzo.

Mentre continueremo a cercare il Mohammed «autentico», possiamo aiutarne altri non meno veri, non meno in difficoltà.

Anche questi sapranno a chi dovranno gratitudine per i passi che potranno compiere per il resto dei loro giorni.

A Enzo sarebbe piaciuta questa storia. Avrebbe trovato divertente questo equivoco che oltrepassa l’intenzione realizzandola, produce verità maggiori e più estese.

Continueremo la ricerca del Mohammed della foto, ma anche assistere questo drappello di Mohammed “indotti” è un saluto affettuoso a un amico. Anche così portiamo a compimento l’ultima azione di un’esistenza generosa e per questo – siamo certi – felice.

CG

Dalla rivista trimestrale di EMERGENCY, numero 33, dicembre 2004

Mohammed: i «secondi primi passi» di un cammino interrotto e ripreso.

Finalmente Mohammed è arrivato all’ospedale di Sulaimaniya.

Lo staff di EMERGENCY si era dato molto da fare per cercare questo ragazzo di cui avevamo una bella fotografia e pochissime informazioni.

L’aveva conosciuto Enzo Baldoni, il giornalista freelance rapito e ucciso in Iraq nello scorso agosto, e la sua storia l’aveva commosso: il 7 aprile del 2003 stava portando la moglie a partorire in un ospedale della capitale quando un mezzo corazzato delle truppe statunitensi aveva colpito l’ambulanza.

Mohammed aveva perso entrambe le gambe, ma si era salvato; la moglie e il bambino erano morti tra le fiamme.

Gli erano state fornite due protesi, diverse una dall’altra, che non gli permettevano di reggersi in piedi autonomamente e, soprattutto, gli avevano precluso la stima e il rispetto della famiglia della nuova moglie. Baldoni si era interessato alla sua sorte e aveva deciso di accompagnarlo al Centro di riabilitazione di EMERGENCY a Sulaimaniya.

Aveva avuto rassicurazione dalla presidente dell’associazione e da Hawar, coordinatore delle attività di EMERGENCY in Iraq, che Mohammed avrebbe ricevuto – gratuitamente, come è regola assoluta – le cure mediche, la riabilitazione necessaria e due “gambe nuove”.

Lo stesso trattamento che viene garantito a tutte le persone mutilate che si rivolgono al Centro di riabilitazione.

Dal 1998, data dell’inizio delle attività, sono stati “riabilitati” migliaia di pazienti e sono state applicate migliaia di protesi. Tanti pazienti nuovi sono arrivati anche “a nome di Mohammed”, rispondendo all’annuncio che EMERGENCY aveva diffuso attraverso la stampa locale e piccole emittenti televisive.

«Chiunque conosca quest’uomo, di nome Mohammed, è pregato di telefonare all’ospedale di EMERGENCY…». Seguiva il numero di telefono di un familiare di Hawar, che incominciò a suonare ininterrottamente. Il lungo passato di guerra dell’Iraq aveva prodotto in tanti altri gli stessi bisogni di Mohammed.

Con due gambe nuove
il rientro in famiglia a testa alta

Mohammed Alì Sahran, di Razwania, cittadina tra Bagdad e Abu Ghraib, è arrivato al Centro di riabilitazione di EMERGENCY il 16 ottobre, quaranta giorni dopo il viaggio che Enzo Baldoni aveva pensato di organizzare per lui.

L’ha accompagnato il fratello Hussein durante un viaggio lungo e pericoloso nell’Iraq travolto dalla guerra. E anche “impensato” per un iracheno della zona di Bagdad, che mai avrebbe pensato di poter ricevere cure nell’area curda del suo paese.

L’ha preso in carico il dottor Faris, il diret­tore del centro.

Da subito Mohammed è stato sottoposto a un programma di fisioterapia molto intenso. Dal giorno dell’incidente, infatti, si muoveva solo su una scalcinata sedia a rotelle e aveva perso sensibilità e forza nei muscoli delle gambe.

Esercizi con i pesi applicati ai monconi, per “tonificare” la muscolatura; primi passi reggendosi con le mani alle sbarre; esercizi per camminare senza appoggi, prima sul pavimento della palestra, poi su un percorso accidentato costruito per riprodurre il terreno sul quale Mohammed dovrà camminare quotidianamente…

Ultimo passaggio il “trattamento cosmetico”: la rifinitura della struttura di acciaio delle protesi con materiale plastico a riprodurre l’aspetto delle gambe. Una fase marginale se si pensa alla funzionalità, ma psicologicamente di notevole rilievo.

Mohammed l’ha attesa con comprensibile ansia, per poter tornare nella sua città a festeggiare il Ramadan. Questa volta con soddisfazione di tutta la sua famiglia.

Facendo dono – gli è stato riferito e lo sa – di una soddisfazione anche ai famigliari del suo “scopritore” Enzo.

SG