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“Provo rabbia per quel che vedo ogni giorno qui in mare”

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Stamattina sveglia alle 4. Di fronte al Responder un peschereccio con circa 400 persone a bordo.

Ci avviciniamo. Inizia il recupero. Dalla stiva spingono fuori quattro corpi senza vita. Uno di questi è un ragazzino. Proviamo disperatamente a rianimarlo lì, sul passavanti di quell’imbarcazione, in mezzo agli altri corpi, ma non c’è nulla da fare. Altri tre ragazzi non respirano più. Anche loro vanno subito rianimati. Uno respira,ma è in coma: deve essere immediatamente evacuato con l’elicottero della Marina.

Provo rabbia perché quella che spesso viene chiamata “emergenza profughi” non è affatto emergenza. Provo rabbia perché quel che vedo ogni giorno qui in mare appare previsto e organizzato. I gommoni sono tutti uguali: tutti lunghi 15-16 metri con motori fuoribordo nuovi di pacca. E le taniche della benzina: tutte uguali. Uguali anche i pescherecci su cui i trafficanti stipano sempre più gente che muore soffocata. Provo rabbia se penso agli sforzi che l’Italia e le ong come la nostra stanno sostenendo per andare a recuperare queste persone al limite delle acque libiche. Costerebbe molto meno far viaggiare questa gente in modo sicuro. Un “ponte umanitario” sarebbe più economico sia in termini di denaro sia in termini di vite umane. Vedo le luci della costa libica e mi sento preso in giro. È l’apoteosi dell’ipocrisia: “non possiamo” andarli a prendere sulla costa “ma dobbiamo” vederli morire mentre attraversano 10 miglia nautiche.

E poi penso agli oltre 20.000 qui sotto, nelle profondità delle acque in cui stiamo navigando, che non ce l’hanno fatta. Sono uguali a quelli che ora sono qui a bordo del Responder e che, seppur stravolti dal viaggio, sorridono contenti. Perché, invece, loro ce l’hanno fatta. Sorridono, loro. Forse sanno molto poco di quello che li aspetta. Ovviamente sempre meglio della situazione dalla quale scappano. Ma forse non sanno che una volta sbarcati, rischiano di incappare in qualcuno, a Fermo come in qualsiasi altra città europea, che non ha capito niente del mondo. Che li offenderà. O che li ammazzerà di botte.

Vista da qui, da questo tratto di mare che è stato “culla della civiltà”, l’idea che un posto sia di qualcuno e non di tutti sembra proprio una follia.

— Mimmo, medico di EMERGENCY