Essere madri sfollate: la storia di Aisha e Shaza da Port Sudan
A causa della guerra in Sudan, Aisha e Shaza sono state costrette ad abbandonare la loro vita a Khartoum.
A metà aprile 2023, quando i bombardamenti hanno iniziato a devastare la capitale per poi propagarsi anche in altre zone del Paese, si sono messe in viaggio verso est, alla ricerca di riparo: direzione Port Sudan.
Secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), a febbraio 2024 erano oltre 248.500 le persone sfollate da Khartoum nello Stato del Mar Rosso, la maggior parte delle quali proprio a Port Sudan.
In questi anni la crescita esponenziale della popolazione di Port Sudan, destinazione chiave per gli sfollati in fuga, ha generato una forte pressione su servizi essenziali come acqua, cibo, disponibilità di alloggi e anche sull’assistenza sanitaria.
Ad agosto 2025, sempre secondo l’OIM, la popolazione dello Stato del Mar Rosso è diminuita del 14% rispetto ai picchi precedenti. Con il miglioramento progressivo delle condizioni di sicurezza, a distanza di oltre tre anni dall’inizio della guerra civile, stanno aumentando i ritorni volontari verso le aree di origine, come Khartoum, Al Jazirah e Sennar.
Pur non essendo un fronte diretto del conflitto, tra sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie precarie, carenze infrastrutturali e assenza quasi totali di mezzi di sussistenza, Port Sudan affronta una crisi umanitaria profonda in cui donne e bambini continuano a essere esposti a rischi maggiori.
Per questo, accanto ai servizi pediatrici, dall’inizio del conflitto offriamo anche assistenza materno-infantile completamente gratuita alle madri in fase pre e post-natale: una risorsa che colma l’inaccessibilità a cure tempestive, in una comunità di persone che, come Shaza e Aisha, hanno vissuto e continuano a vivere sulla propria pelle gli effetti e le conseguenze della guerra.
“Lì non c’è più niente, hanno rubato anche il tetto.”
Nel 2023, in seguito ai bombardamenti su Khartoum che hanno distrutto la sua casa, Aisha è stata costretta a fuggire in cerca di un rifugio sicuro.
Arrivata a Port Sudan insieme ai suoi fratelli e ai rispettivi figli, è riuscita a trovare un tetto per sé e per la propria famiglia in una casa insieme ad altre dodici persone.
Aisha è una delle 3 milioni e mezzo di persone che hanno dovuto abbandonare Khartoum per la guerra.
L’abbiamo incontrata nel nostro Centro pediatrico in città durante la sua seconda gravidanza, a rischio a causa un’ipertensione gestazionale. Sono state alcune vicine di casa a indirizzarla verso il nostro Centro.
Di mese in mese, abbiamo garantito ad Aisha le visite pre-natali, controlli e farmaci adeguati, monitorando il suo percorso affinché portasse a termine la gravidanza in modo sicuro, scongiurando l’insorgere di complicanze che avrebbero messo a rischio la sua salute e quella del bambino.
Dopo il parto presso l’ospedale pubblico, l’abbiamo raggiunta a casa per l’assistenza post-natale. Abbiamo condiviso con lei e, messo in pratica, le corrette pratiche di allattamento e abbiamo fornito vitamine e antibiotici al suo piccolo.
La nostra ostetrica Alia ha condiviso con Aisha anche informazioni sul piano vaccinale per il bambino e sui servizi di pianificazione famigliare, che garantiamo gratuitamente nel nostro Centro.
“Mi sono sentita ben voluta e al sicuro”
Shaza è nata a Ad Indir, nella regione del Sennar. Anche lei nel 2023, a causa della guerra, è stata costretta a spostarsi insieme al marito.
Incinta, ha affrontato la sua seconda gravidanza da sfollata a Port Sudan, dove oggi vive. Il suo primo figlio è morto a solo un anno e mezzo, probabilmente a causa dell’anemia falciforme.
Anche Shaza è anemica: così hanno confermato i controlli che abbiamo effettuato nel nostro Centro pediatrico a Port Sudan, dove le abbiamo offerto assistenza durante la seconda gravidanza monitorando le condizioni dei globuli rossi e dell’emoglobina.
Quando, a poco meno di due settimane dal parto, i valori sono scesi improvvisamente e in modo preoccupante l’abbiamo trasferita nell’ospedale pubblico di riferimento, dove è stata ricoverata e ha ricevuto una trasfusione di sangue preventiva prima di partorire, a fine luglio.
Ora Shaza e suo figlio stanno bene e sono in forze. Quando siamo andati a trovarli, abbiamo visto gli occhi di Shaza pieni di speranza. Mazia, la nostra ostetrica sudanese, ci ha riportato le parole di Shaza quando si sono parlate nella tenda in cui vive, prima di iniziare insieme il capitolo dell’assistenza post-natale:
“Mi sono sentita ben voluta e al sicuro” ci ha detto Shaza, mentre le insegnavamo le corrette posizioni da tenere mentre il bambino cercava il suo seno.
Il lavoro di EMERGENCY per le madri a Port Sudan
Dall’inizio del 2025, abbiamo effettuato oltre 1.000 consultazioni sui programmi di pianificazione familiare e più di 900 incontri con le madri per promuovere la salute riproduttiva.
In totale, abbiamo garantito oltre 2.300 visite pre-natali e oltre 280 visite post-natali.
Il progetto di EMERGENCY a Port Sudan è finanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo sviluppo