“Provo a raccontarvelo con parole semplici…”
Mia madre, mio padre e mio fratello minore sono qui con me. I miei zii e i miei cugini, invece, sono rimasti là…La guerra ci ha costretti a fuggire. È successo cinque anni fa, avevo 24 anni.
Oggi vivo con loro nel campo di Barika, nel Kurdistan iracheno, insieme ad altri rifugiati come noi.
Ho iniziato a collaborare con EMERGENCY come volontario, poi con il tempo sono diventato responsabile del gruppo dei promotori sanitari del campo di Ashti.
Ogni giorno è una sfida: relazionarsi con i pazienti e sensibilizzarli sulle buone pratiche igienico-sanitarie non è sempre semplice. All’inizio mi sembrava che le persone con cui parlavo non comprendessero quello che cercavamo di trasmettere loro. Ma la prevenzione è fondamentale in un luogo come questo, abitato da migliaia di persone che vivono in condizioni così precarie. Ecco perché ce l’ho messa tutta per far capire a tutti l’importanza del lavoro che faccio insieme al mio team.
Cosa facciamo? Provo a raccontarvelo con parole semplici: stiamo insieme alle persone, insegniamo loro a prevenire malattie facilmente trasmissibili, stiamo accanto alle madri per cercare di diminuire il livello di malnutrizione dei loro figli. Mostriamo come lavarsi correttamente le mani, i denti… Gesti quotidiani, ma essenziali.
Questo lavoro mi sta insegnando tanto, dal punto di vista professionale e da quello umano. Se mi chiedessero di pensare alla cosa più importante che ho imparato risponderei così: ad apprezzare le sfide e le soddisfazioni. Non dimenticandosi mai di un aspetto fondamentale: il rispetto della persona, come essere umano.
Auguro a tutti di riuscire ad apprezzare le sfide di ogni giorno, ogni soddisfazione che ne deriva, piccola o grande che sia, con questo stesso spirito. Le persone con cui abbiamo a che fare sono prima di tutto, semplicemente, persone.
Ecco come affronto il mio lavoro e la mia vita, con la speranza di poter far presto ritorno a Qamishlo, nella mia Siria.
— Hussein Muhammed, da Ashti
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