Life Support: sbarcate a Catania le persone soccorse lunedì 11 marzo
SBARCATI A CATANIA I 52 NAUFRAGHI SOCCORSI DALLA LIFE SUPPORT DI EMERGENCY
SARA CHESSA, INFERMIERA: “LE CONDIZIONI DELLE PERSONE SOCCORSE SONO STABILI. AUGURIAMO LORO UNA VITA MIGLIORE”
Alle ore 23:15 di martedì 12 marzo, si è concluso lo sbarco nel porto di Catania delle 52 persone soccorse dalla nave di EMERGENCY Life Support. Il soccorso era avvenuto lunedì 11 marzo in acque internazionali in zona SAR libica. La barca in difficoltà era stata individuata dal ponte di comando della Life Support, dopo una segnalazione di Alarm Phone.
“Si sono concluse senza problemi le operazioni di sbarco delle 52 persone soccorse dalla Life Support. Il salvataggio è avvenuto l’11 marzo. – spiega Luca Radaelli, membro dell’equipaggio della Life Support –. Il 9 marzo avevamo tentato di soccorrere 40 persone arrivate a bordo della piattaforma tunisina di estrazione del gas Miskar, in zona SAR maltese. La piattaforma ci aveva dato inizialmente l’autorizzazione a effettuare il soccorso, ma in un secondo momento non ci ha permesso di avvicinarci, chiedendoci di trasferire le 40 persone dalla piattaforma a una nave della Marina tunisina con i nostri gommoni. Ci siamo rifiutati perché la Tunisia non può essere considerata un porto sicuro: è un Paese dove sono documentate sistematiche violazioni dei diritti umani, discriminazioni razziali, torture e abusi per le persone migranti”.
“Le condizioni dei naufraghi sono stabili e non ci sono casi medici gravi. – spiega Sara Chessa, infermiera a bordo della Life Support – Durante la navigazione, hanno sofferto di mal di mare a causa delle condizioni metereologiche difficili che abbiamo incontrato. Speriamo che possano avere una vita migliore nel prossimo futuro.”
Le persone sbarcate, tra cui una donna e un minore non accompagnato, provengono da Bangladesh, Siria, Pakistan, Egitto e Nigeria.
“Ho lasciato il mio Paese, il Bangladesh, perché non potevo sostenere la mia famiglia. Sono arrivato in Libia circa sei mesi fa per lavorare perché un conoscente mi aveva detto che avrei trovato facilmente un lavoro, che la vita costava poco e avrei avuto un buono stipendio. – racconta un ragazzo di 29 anni – Avevo poche altre opzioni, così ho deciso di lasciare la mia famiglia per mettermi in viaggio. Arrivato in Libia, insieme ad altre persone del mio Paese sono stato portato in un capannone fuori da Bengasi; ci hanno detto che avremmo iniziato a lavorare ma che saremmo stati pagati dopo tre mesi di lavoro. Allo scadere di questo periodo, mi hanno detto che non mi avrebbero pagato e che dovevo andarmene se non volevo che mi facessero del male. Ho capito che chi mi aveva convito a partire veniva pagato dai libici per far arrivare persone dal Bangladesh e sfruttarle. Non potevo restare in un Paese dove la violenza è usata al posto della legge. Ci ho messo tre mesi per farmi mandare dalla mia famiglia i soldi necessari per pagare il viaggio in mare. Ora sono al sicuro.”
La nave di EMERGENCY effettua missioni nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo, dal dicembre 2022. In sedici missioni, ha soccorso 1.271 persone.