“Life Support”: le testimonianze delle persone che abbiamo soccorso nel Mediterraneo
Provengono da più di 25 Paesi le persone soccorse dalla Life Support da dicembre 2022: Mali, Sudan, Senegal ma anche Bangladesh, Palestina, Siria… Dall’Africa al Medio Oriente, portano con sé storie diverse e speranze di una vita migliore, lontano da guerre, povertà, discriminazioni.
Tanti ci raccontano di lunghi viaggi, mesi o anni in cammino fino ai Paesi costieri di transito: la Libia e la Tunisia.
Qui vi riportiamo le parole che alcuni di loro hanno condiviso con il nostro staff.
“Tre mesi in Libia “sono bastati a farmi vedere cose orribili”
“Sono partito dall’Egitto perché la vita lì è diventata insostenibile: non si trova lavoro, è tutto troppo costoso, diventa complicato anche permettersi da mangiare. A volte non riuscivo nemmeno a comprare del pane per i miei fratelli e sorelle… È vivere questo?”
È per sfamare la sua famiglia che F. ha lasciato l’Egitto. “Per cercare lavoro e poter mandare dei soldi a casa. È la mia responsabilità verso la mia famiglia”.
Prima di riuscire a partire è stato in Libia, per tre mesi. “Sono bastati a farmi vedere cose orribili”.
“Ci tenevano in una casa piccolissima, ci trattavano come animali. Ci picchiavano ogni giorno, a volte senza motivo, solo per il gusto di farlo, altre per farsi mandare più soldi dai nostri familiari. È stato terribile”.
Quando ha visto la Life Support, ci dice, “avevo paura che foste libici. Stavo per buttarmi in mare, avrei preferito morire annegato piuttosto che tornare in carcere in Libia. Ancora non riesco a credere di essere stato portato in salvo”.
F. ha 26 anni | soccorso ad agosto 2023
“L’unica possibilità”
“Alcune volte, mentre eravamo in Libia, ho pensato di tornare indietro. Vivevamo in condizioni igieniche pessime, soprattutto per un bambino così piccolo, che ha bisogno di attenzioni continue. Ma l’unica possibilità che avevamo per dargli una vita migliore era dall’altra parte del mare”.
Mentre ci racconta la sua storia sul ponte della Life Support, N. abbraccia il figlio. Ha solo 7 mesi.
“Per partire”, dice “abbiamo dovuto vendere la casa di famiglia. Solo mio marito è rimasto in Siria, a prendersi cura dei suoi genitori. Sono anziani e non possono muoversi”.
Ora, raggiunta la terraferma, spera di riuscire ad arrivare in Germania, “ho un fratello che vive lì da diversi anni”.
Per dare a suo figlio un futuro migliore, lontano dalla guerra.
N. ha 24 anni | soccorsa ad agosto 2023 insieme al figlio di 7 mesi
“Ho ancora tante cicatrici sul corpo”
“In Libia non ci sono diritti per i migranti, possono ucciderti per strada e a nessuno importa. Ma anche in Tunisia c’è molto razzismo contro i neri. A Sfax attaccano spesso noi africani subsahariani. Vengono nelle case in cui viviamo, ci rubano i soldi, i telefoni, ci picchiano anche per ore se non abbiamo soldi. Ho ancora tante cicatrici sul corpo”.
C. è fuggito dalla Sierra Leone, “dove molti membri della mia famiglia sono stati uccisi perché considerati oppositori politici” ci ha raccontato.
“Sono dovuto scappare in Marocco, ho passato mesi nel deserto, quando sono arrivato in Libia ho visto uccidere diversi miei compagni di viaggio”.
C. ha 24 anni | soccorso a luglio 2023
“Che modo di vivere è questo?”
“Ho lasciato la Sierra Leone perché sono omosessuale.
La mia famiglia mi ha ripudiato, non ero accettato, dovevo vivere nella segretezza, non sapevo cosa fare della mia vita.
Non potevo vivere con la mia identità in Sierra Leone: dovevo far finta di essere qualcun altro.
Che modo di vivere è questo?
Tanto valeva partire per provare a raggiungere l’Europa. Anche a costo di rischiare la morte”.
M., 25 anni, dalla Sierra Leone | soccorso a luglio 2023
“Succede a moltissime donne”
“Sono fuggita da sola dal mio Paese, il Camerun. Sono fuggita da violenze e abusi, lasciando famiglia e amici”. L. ha 28 anni ed è una delle persone che abbiamo soccorso nell’ultima missione della Life Support.
“Sono arrivata in Tunisia passando per il deserto dell’Algeria. Durante il viaggio sono stata violentata dagli uomini che avevo pagato per portarmi in Tunisia. Succede a moltissime donne.
In Tunisia ho raccolto i soldi per il viaggio in mare. In quei mesi non ho mai potuto andare da un dottore perché ero senza documenti”.
Solo una volta salita sulla Life Support, al sicuro, L. ha potuto fare un test di gravidanza. “In quel momento ho scoperto di essere incinta, di tre mesi”.
L.,28 anni, dal Camerun | soccorsa a luglio 2023
“Oggi sono felice per la mia vita, perché sono vivo, ma non è stato facile sai?”
“In Tunisia la situazione è drammatica. A Sfax i migranti subsahariani come me vengono trattati in modo ignobile, non ci vendono cibo o acqua, non ci affittano case, ci rubano i soldi e gli oggetti, ci picchiano”.
“11 miei amici sono stati uccisi, prima che io partissi, perché accusati senza fondamento di aver rubato. Per questo me ne sono andato: non c’era possibilità di vivere lì per me”.
Dopo aver passato un anno e mezzo in Libia, dove – racconta – “mangiavo e bevevo poco, ero tenuto prigioniero e non potevo uscire di casa”, Y. è fuggito in Tunisia. Lì ha trovato di nuovo discriminazioni, violenze, mancanza di rispetto dei più basilari diritti.
“Oggi sono felice per la mia vita, perché sono vivo, ma non è stato facile sai?”.
Y., 27 anni, dal Camerun | soccorso a luglio 2023
“In Libia non c’è pace”
“In Libia non c’è pace. Ci entravano in casa con le pistole, cercando soldi e oggetti di valore da rubare.
Volevamo mettere in salvo nostro figlio da quell’inferno, ma non avevamo abbastanza soldi per partire tutti e tre. Così, il mio compagno si è sacrificato.
Nostro figlio deve poter studiare, non vivere in un Paese dove la gente viene uccisa per strada.
Ora ho paura che non riesca più a rivedere suo padre”.
G., 22 anni, dall’Eritrea | soccorsa con suo figlio di 2 anni a giugno 2023
A tutela delle persone, le fotografie che accompagnano le storie non corrispondono alla loro identità, oppure i loro volti sono stati oscurati per non renderle riconoscibili.