L’Europa dev’essere speranza di pace e comprensione
Sessant’anni fa, a Roma, sei capi di stato firmavano i trattati che davano inizio all’unione dell’Europa.
A poco più di un decennio dalla fine della guerra, nazioni che avevano combattuto tra loro decidevano di unirsi per dare corpo a “un’idea, una speranza di pace e comprensione”.
Domani i leader europei si riuniranno di nuovo a Roma per celebrare questo anniversario. Ma oggi quell’idea originaria basata sui diritti, sulla pace, sui valori di uguaglianza e solidarietà sembra essere un ricordo lontano.
I Paesi europei hanno mantenuto la pace dentro i loro confini, ma hanno scelto sistematicamente la guerra di fronte alle crisi internazionali che si sono trovati ad affrontare. E davanti alle conseguenze delle guerre che hanno di volta in volta deciso di intraprendere – terrorismo, insicurezza, migrazioni – la risposta è stata ancora guerra e disprezzo dei diritti umani.
L’Europa di oggi si rifiuta di dare rifugio a chi scappa dai combattimenti, sicurezza a chi è perseguitato nel proprio Paese, una vita migliore a chi proprio nell’Europa vede una possibilità di uscire dalla povertà a cui sarebbe altrimenti condannato.
Gli ideali originari di inclusione e partecipazione sono stati soppiantati da politiche di esclusione, dentro e fuori dai suoi confini. L’Europa è sempre più una fortezza difesa da muri, filo spinato e accordi disumani con Paesi che violano sistematicamente i diritti umani fondamentali.
Non è questa l’Europa che nasceva sessant’anni fa, ma c’è ancora la possibilità del cambiamento che tanti cittadini, organizzazioni e movimenti continuano a invocare.
Insieme a loro chiediamo all’Europa di non restare indifferente alla sofferenza di milioni di esseri umani e dare attuazione alle idee di pace e di libertà che sono alla base della sua fondazione.