La nostra scelta
Sono ormai passati diversi mesi dallo scoppio “dell’ultima” guerra, davanti alla quale si è scelto di effettuare invii massicci di armi, perché sostenere la – legittima, per il diritto internazionale – resistenza ucraina sarebbe stata la strada più semplice e veloce per arrivare alla pace. Quanti mesi, quanti anni dovranno ancora passare prima che questo possa avvenire? Prima che questa guerra e la continua minaccia nucleare, che ci ostiniamo a rimuovere dai nostri pensieri, possano cessare? Che mondo lascerà questa ultima guerra dietro di sé, quando mai finirà? Quanti anni ci vorranno per ricostruire nuovamente relazioni amichevoli tra i popoli?
È passato ormai più di un anno da quando si è scelto di abbandonare a se stesso l’Afghanistan, facendo ripiombare 35 milioni di persone nell’oblio e nell’oscurantismo. Un anno in cui la scelta dell’Occidente di chiudere tutti i canali internazionali di finanziamento al Paese ha contribuito ad aumentare la povertà estrema e ulteriormente stremato la popolazione provata da oltre quarant’anni ininterrotti di guerra.
Nel mondo, anche in queste ore, si sceglie di accendere o di rinvigorire focolai di guerre nuove e vecchie. Si sceglie di non percorrere mai, ostinatamente e fino in fondo, l’unica strada praticabile perché queste guerre non diventino poi, improvvisamente, inevitabili: la strada della solidarietà, del riconoscimento della dignità e dei diritti, uguali e inalienabili, a “tutti i membri della famiglia umana”, della diplomazia, dei rapporti amichevoli tra i popoli, del rifiuto incondizionato della violenza.
Noi di EMERGENCY lo sosteniamo da sempre: la guerra non è mai la soluzione; la guerra è il problema. E fino a quando l’uomo non sceglierà di rinunciare alla cultura della guerra, in ogni sua forma e dimensione, in ogni sua manifestazione e declinazione, l’esistenza stessa della vita degli esseri umani su questa terra sarà sempre più a rischio di finire.
Noi di EMERGENCY abbiamo scelto da sempre da che parte stare. Abbiamo scelto di stare dalla parte delle vittime della guerra e della povertà, che si trovino in un nostro ospedale, tra le strade delle nostre città o in mezzo al mare, dove porteremo una nostra nave a raccogliere, prima ancora che ad accogliere, la disperazione delle persone in fuga dalla guerra e dalla povertà. Abbiamo scelto di praticare i diritti umani, prima ancora di affermarli sulla carta, perché crediamo fermamente che questo sia il modo migliore per contribuire “a costituire il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.” Abbiamo scelto di non rinunciare alla nostra umanità. Perché questa è l’unica scelta possibile, giusta e umana.
Si vis pacem, para pacem: se vuoi la pace, prepara la pace. Si tratta solo di scegliere. E tu, da che parte stai?