Far dipendere il diritto di asilo dal Paese di origine è discriminatorio
La ricorrenza della Giornata Mondiale del Rifugiato quest’anno assume un valore ancora più rilevante: la guerra ha bussato alle porte dell’Europa e siamo stati chiamati ad accogliere. La solidarietà espressa verso gli sfollati dall’Ucraina è encomiabile, ma è uguale per tutti coloro che fuggono da situazioni simili?
Per garantire il doveroso supporto agli oltre 120.000 profughi Ucraini arrivati in Italia in poco meno di due mesi, il Governo ha creato percorsi di accoglienza in tempi da record, adottando soluzioni innovative che sembravano impensabili fino a qualche settimana prima. Si è affermata una solidarietà diffusa che vede protagoniste le famiglie e le comunità locali. L’augurio è che questo spirito di accoglienza diventi lo standard per tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra per sfuggire a guerra, violenza e miseria.
Dall’inizio dell’anno, quasi 22.000 persone si sono imbarcate in pericolosi viaggi per attraversare il Mediterraneo per scappare da conflitti, persecuzioni e povertà e sono arrivate nel nostro Paese. Vengono principalmente da Bangladesh, Egitto, Tunisia, Afghanistan e Siria. 1 su 5 è un minore. Anche a loro vanno ugualmente garantiti un’accoglienza dignitosa e percorsi di inclusione che soddisfino i diritti fondamentali.
L’articolo 10 della Costituzione recita che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”. Il diritto internazionale dispone che le richieste di protezione internazionale siano individuali e come tali debbano essere esaminate. Far dipendere il diritto di asilo dal Paese di origine è discriminatorio. Non sono accettabili strumentalizzazioni politiche, generalizzazioni o trattamenti collettivi al ribasso. È un diritto inviolabile dell’individuo.
La risposta che l’Europea ha dato alla guerra in Ucraina ci ha dimostrato che è possibile non solo accogliere, ma anche farlo bene grazie a strumenti e fondi adeguati. L’Italia può e deve essere solidale, garantendo accoglienza e inclusione nel rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di chi giunge sul nostro territorio, fra cui il diritto alla salute. Il percorso stabilito per garantire fin da subito supporto sanitario ai profughi ucraini dovrebbe essere garantito a tutti, italiani e non, come sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana.
Le sfide attuali ci impongono di guardare oltre la categoria tradizionale di confine. La pandemia ha fatto emergere le interconnessioni di una società globale. La malattia non fa differenze e colpisce tutti allo stesso modo. Abbiamo scoperto però che non tutti hanno le stesse possibilità di cura. Per ridurre la forbice della diseguaglianza, bisogna creare società più eque e coese per la tutela dell’individuo e della collettività, non ghettizzare la fragilità.
Da 28 anni EMERGENCY è impegnata nella lotta alle diseguaglianze sociali. La medicina ci insegna che i luoghi di cura devono essere universali, accoglienti e accessibili a tutti senza discriminazione per garantire il diritto delle persone a veder riconosciuta la propria dignità soprattutto nei momenti di difficoltà e sofferenza. Chiediamo che questo principio si faccia spazio nel dibattito pubblico e che diventi il cuore di politiche lungimiranti e costruttive.