EMERGENCY chiede la revoca immediata del Memorandum Italia-Libia
5 anni dalla firma del Memorandum Italia-Libia. 455.000.000 di euro investiti in Libia attraverso il Fondo fiduciario per l’Africa. Dal 2014 oltre 22.000 dispersi o deceduti nel Mediterraneo, 1.496 solo nel 2021 sulla rotta verso l’Italia. Un Paese frammentato e instabile, che l’Europa si ostina a voler far passare per un porto sicuro.
L’impatto del Memorandum
Dal 2017 il costo sostenuto dai contribuenti italiani per le missioni navali nel Mediterraneo, che non hanno il compito di ricerca e soccorso, ammonta a 960.000.000 di euro, secondo i dati Oxfam. Il costo è secondario rispetto all’importanza di tenere lontano dai nostri occhi le più aberranti violazioni dei diritti umani, la tratta degli esseri umani e il contrabbando.
Si è perso il conto dei rapporti prodotti negli ultimi anni da organizzazioni internazionali e non governative che descrivono le condizioni disumane in cui versano i migranti in Libia, in ciò che è stato ormai definito un sistematico meccanismo di violenze, abusi e torture. Non sono bastati i ripetuti moniti del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che la scorsa settimana ha chiesto ai Paesi coinvolti di «riesaminare le politiche a sostegno dell’intercettazione in mare e del ritorno di rifugiati e migranti in Libia».
Un recente rapporto riservato di EUNAVFOR Med, la Forza navale europea per il Mediterraneo, ha fornito ulteriori prove fattuali, rilevando che le persone intercettate in mare nell’ambito di operazioni condotte dalla Guardia costiera libica ammontano soltanto al 34% del totale dei partiti nel 2021. Di un migrante su tre non si conosce lo stato. Riferendo di un evento SAR dello scorso 15 settembre, il comando dell’operazione Irini, evidenzia che la Guardia costiera libica ha esercitato un “eccessivo uso della forza fisica contro i migranti”, possibile frutto dello stallo politico sull’inizio delle attività di capacity building e formazione. Difficile pensare che si tratti di un episodio isolato e non piuttosto di una ramificazione del complesso sistema di tratta dei migranti. Solo qualche mese prima, il 1 luglio 2021, il velivolo dell’ONG Sea Watch mostrava infatti un video di inseguimenti e sparatorie da parte della Guardia costiera libica a danno di un’imbarcazione con a bordo 62 migranti.
Emerge chiaramente il nesso fra le operazioni di “salvataggio” della Guardia costiera e il sistema di detenzione e traffico dei migranti. Non è un caso che il maggiore della Marina, Abdurahman al-Milad (Bija) della milizia al-Nasr di Zawyah, già noto ai servizi segreti come trafficante di petrolio e di esseri umani, sia parente stretto del direttore dei campi di detenzione ufficiali per migranti.
Il supporto alla Guardia costiera libica ha l’obiettivo di intercettare e riconsegnare i migranti ai libici, che si potrebbe qualificare come una forma di concorso nei crimini commessi contro i migranti. Secondo i giuristi, in ragione dello stretto legame con il conflitto fra gruppi armati mai conclusosi dal 2011 ad oggi, questi crimini sarebbero da reputarsi crimini di guerra e contro l’umanità. Di questo dovranno rispondere i funzionari italiani e maltesi di fronte alla Corte penale internazionale, a seguito di un esposto presentato da un team di giuristi olandesi, francesi e italiani, ma dovrebbero essere tutti i politici che negli ultimi cinque anni hanno supportato e finanziato questo meccanismo disumano attraverso il Memorandum a doversi assumere le proprie responsabilità.
Dal nostro punto di vista
Come sempre, chi paga il prezzo più alto nei conflitti sono i civili, vittime inermi di più alti interessi economici e politici. EMERGENCY continua a stare dalla parte delle vittime. A Milano, città di snodo per chi si muove lungo le rotte migratorie, nel nostro ambulatorio mobile abbiamo incontrato diverse persone che sono sopravvissute alla pericolosa traversata del Mediterraneo. Oltre al supporto per i traumi psicologici legati alla loro permanenza nei centri di detenzione e al viaggio, richiedono spesso cure per le ferite dovute a percosse e lesioni avvenute in Libia.
L’appello al governo italiano, a UNHCR e OIM
Abbiamo sottoscritto l’appello promosso da 77 individui e 96 associazioni e organizzazioni per chiedere:
- al governo italiano di revocare immediatamente il Memorandum. Si tratta dell’unica scelta praticabile di fronte all’impossibilità strutturale di apportare miglioramenti significativi alle condizioni di vita di migranti e rifugiati in Libia e di garantire loro un adeguato accesso alla protezione, come dimostrato dall’evoluzione della situazione libica;
- all’UNHCR e OIM, in ottemperanza al loro mandato di tutela dei cittadini stranieri presenti in Libia, di aderire alla richiesta di revoca del memorandum, così da evitare qualsiasi rischio di connessione tra le gravi violazioni dei diritti umani che derivano dal Memorandum e le proprie iniziative.
Chiediamo inoltre che:
- l’Italia non rinnovi le missioni militari in Libia, nella convinzione che, per offrire una vera ricostruzione alla popolazione libica, sia necessario destinare fondi a progetti di assistenza umanitaria e di cooperazione allo sviluppo;
- sia garantita l’urgente evacuazione e l’accoglienza all’interno dell’Unione Europea delle persone detenute arbitrariamente nei centri di detenzione in Libia;
- sia garantita assistenza umanitaria ai migranti e agli sfollati interni in centri ufficiali di accoglienza nel rispetto degli standard internazionali sotto la responsabilità delle Organizzazioni Internazionali competenti;
- sia garantito un equo accesso alle procedure di richiesta di asilo e che siano ampliati i canali di ingresso regolari per i migranti a livello europeo;
- sia riconosciuto il ruolo indispensabile delle organizzazioni non governative nel salvataggio di vite in mare;
- sia creata una missione navale europea con chiaro compito di ricerca e salvataggio delle persone in mare.
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