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Vittime di mine: le storie dagli ospedali di EMERGENCY

In Afghanistan continuiamo a curare nei nostri ospedali vittime di mine antiuomo, garantendo loro assistenza medico-chirurgica e cure di elevata qualità. In Iraq, forniamo loro protesi e trattamenti di fisioterapia per ridare loro un’autonomia. Le vittime troppo spesso sono bambini, che scambiano gli ordigni per oggetti da rivendere o con cui giocare.

Raccontiamo qui le storie di alcune di loro, per mostrare quello che resta quando la guerra finisce.

Aprile 2024 – Iraq

Aso Muhamad

È bastato scambiare una mina per oggetto qualunque, giocarci per qualche istante e sollevare la copertura di plastica nera per saltare in aria, venire sbalzato a metri di distanza, tra urla, fumo, pianti…”

Aso Muhamad è vittima di una mina antiuomo. Ha 16 anni e vive nel Kurdistan iracheno.

“Quando avevo 12 anni ho cominciato a fare il pastore, la mia famiglia era troppo povera per mandarmi a scuola”, racconta.

Una mattina d’inverno, mentre tornava a casa con suo fratello dopo il pascolo, la sua vita è cambiata completamente.

“A vedere i moncherini, i primi tempi non facevo altro che piangere. Ero sconvolto nel vedermi così…”

Nel nostro Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale a Sulaimaniya, Aso Muhamad ha ricevuto le sue due protesi e segue un percorso di fisioterapia.

L’Iraq continua a essere tra i Paesi più contaminati da mine al mondo, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Azione contro le mine. 2.800 chilometri quadrati costellati di ordigni inesplosi, un terzo dei quali in aree rurali, mettono a rischio ogni giorno la vita della popolazione.

Agosto 2023 – Afghanistan

Omar

A soli 7 anni, abbiamo dovuto amputargli una gamba per permettergli di sopravvivere.

Quando è arrivato nel nostro ospedale di Kabul, Omar aveva diverse ferite su tutto il corpo. A provocarle, l’esplosione di una mina.

Dopo 40 anni di guerra, gli ordigni inesplosi continuano a infestare l’Afghanistan.

Omar si è salvato. Suo fratello no: quell’esplosione gli è costata la vita.

Insieme a Omar, quel giorno, sono arrivati altri due familiari. Le loro ferite erano meno gravi, hanno potuto lasciare l’ospedale già qualche settimana fa. Omar, dopo i diversi interventi subiti, avrà bisogno di più tempo per riprendersi.

Senza le cure che garantiamo gratuitamente, questa famiglia non avrebbe potuto ricevere l’assistenza di cui aveva bisogno. Non avrebbero avuto i soldi per pagarle in un altro ospedale.

Aprile 2023 – Afghanistan

Mohammad e Shamsia

Stavano giocando in giardino con altri bambini quando hanno trovato un vecchio oggetto di metallo e lo hanno lanciato lontano.

Mohammad, 13 anni, e la sua sorellina Shamsia, 4 anni, erano i più vicini all’esplosione.

Sono arrivati al nostro Posto di primo soccorso di Sangin dopo un viaggio durato ore: per trasportarli dal loro villaggio isolato, la famiglia ha dovuto affittare un’auto.

Le loro ferite erano ormai talmente gravi che li abbiamo trasferiti immediatamente al Centro chirurgico di Lashkar-gah con la nostra ambulanza.

Shamsia ha numerose fratture a entrambe le gambe, con gravi danni vascolari.

Mohammad ha subito l’amputazione dell’avanbraccio destro e delle dita della mano sinistra. Ha anche numerose ferite al viso, agli occhi, alle gambe. Ma “il giorno dopo, in terapia intensiva, già sorrideva” raccontano i nostri infermieri.

La guerra, anche quando finisce, continua a lasciare il segno.

Aprile 2023 – Afghanistan

Nabiullah

L’eredità della guerra in Afghanistan ha due facce – da un lato la povertà estrema, dall’altro gli ordigni inesplosi di cui il Paese è disseminato. Nabiullah è vittima di entrambi.

A soli 7 anni deve già contribuire a provvedere ai suoi fratelli più piccoli: il loro padre, da un anno e mezzo, non ha lavoro.

Per questo Nabiullah raccoglie gli oggetti metallici che riesce a trovare per la strada, sperando di riuscire a venderli al bazar e ricavare qualche soldo.

Insieme a un gruppo di amici, Nabiullah stava tentando di aprirne uno con una pietra. Era un ordigno: l’esplosione ha ferito tutti loro. È arrivato nel nostro Centro chirurgico a Kabul con numerose ferite su tutto il corpo. Due dita della mano sinistra erano state recise di netto.

“È un bambino coraggioso, sempre sorridente e pieno di spirito.”, ci raccontano i colleghi dall’Afghanistan. “Una volta lo abbiamo sentito rassicurare sua madre, al telefono: ‘Non ti preoccupare mamma, sto bene. Ho entrambe le gambe, ho solo perso le dita’”.