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Se non perdo il sorriso, è solo grazie a loro

Non conoscevo così bene gli sposi, ma sono andato comunque alla festa per accompagnare mio zio. Durante la cena, la musica era alta e per parlare dovevamo stare vicini. Verso le 23 stavo accompagnando un amico a prendere da mangiare quando, all’improvviso, siamo stati travolti da un’esplosione fortissima. Intorno a noi solo terrore, morti e le urla dei feriti.

Solo più tardi ho scoperto che in quell’attacco erano state uccise più di 60 persone e ferite oltre 180.

Mi sono ritrovato a terra e subito ho provato ad alzarmi per soccorrere mio zio. In quel momento ho capito che non avrei più camminato. Prima dell’esplosione, accanto a me sedevano un papà di circa 40 anni insieme a suo figlio: dopo l’esplosione, mi trovavo sdraiato sui loro corpi inermi.

Circa un’ora dopo mi hanno trasportato qui. Mi hanno operato la notte stessa. Quando sono tornato cosciente, i medici di EMERGENCY mi hanno spiegato che una scheggia aveva raggiunto la mia colonna vertebrale, provocando lesioni molto gravi all’addome e la paralisi di tutto il corpo. Dovevo rimanere a letto per un mese, per poi iniziare con la riabilitazione.

In quei giorni non sono mai stato solo: i miei amici d’infanzia, quelli dell’università e del calcetto si sono alternati giorno e notte per farmi compagnia. Sono il mio orgoglio, è solo grazie a loro se non perdo il sorriso.

Ogni giorno, qui a Kabul, ci sono esplosioni e attentati. Prima cercavo di non pensarci; adesso, invece, mi basta sentire la sirena di un’ambulanza per essere di nuovo terrorizzato. Voglio solo tornare a casa, dal mio bambino.



Avevamo deciso di andarcene per sempre da qui, ma sono diventato paraplegico a 23 anni. Cosa faremo ora?

— Suliman, studente di economia, dal nostro ospedale per vittime di guerra

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