“Le loro famiglie hanno fatto scelte diverse, ma l’orrore della guerra le ha colpite entrambe”
“La mamma di Marwan vive in ospedale da due settimane, non ha un altro posto dove andare. Prima che iniziassero i combattimenti lei e suo marito hanno discusso a lungo: scappare verso un futuro incerto, forse in una tenda dei tanti campi profughi che costellano la periferia di Mosul, in mezzo alla neve e al fango? O restare a casa e non abbandonare i propri averi, affetti, ricordi?
Decidono di restare, di rischiare fino alla fine. Non vogliono esporre i figli ai pericoli del viaggio. I combattimenti però pian piano si avvicino al quartiere, i miliziani di Daesh non fanno più uscire nessuno, chi è dentro non può più lasciare la città. Poi, un mattino, l’esplosione che distrugge tutto. Forse un mortaio lanciato dai miliziani di Daesh, forse un bombardamento aereo americano, forse un razzo lanciato dalle milizie sciite che cercano di conquistare la città. Poco importa chi sia stato: sono tutti feriti e la casa è distrutta. Il giorno dopo Marwan e suo fratello sono in un letto dell’Emergency Hospital a Erbil, gravemente feriti. Loro madre ha solo qualche graffio, ma ha perso contatto con suo marito. Gli altri due figli, meno gravi, sono in un altro ospedale. La loro casa non esiste più, il loro passato è stato cancellato.
Anche la mamma di Abdul vive in ospedale da diversi giorni, al fianco del figlio e del nipote. Qualche mese fa hanno deciso di lasciare Mosul, il rischio era troppo grande e dopo due anni di privazioni non avevano più ragioni per restare. Si sono mossi verso Tikrit, una città non lontana liberata da Daesh. La vita è difficile, la ricostruzione è lenta ma almeno qui si sentono al sicuro. Fino a quel giorno in cui un ordigno inesploso scoppia tra le mani del figlio. Stava giocando con altri quattro bambini. Si è risvegliato in un letto di ospedale, una gamba amputata.
Rimanere nella propria casa, con i propri ricordi, i propri averi, pur sapendo che presto inizieranno i bombardamenti? O scappare lasciando tutto, in cerca di un rifugio “sicuro” nella città vicina? Il reparto dell’Emergency Hospital di Erbil in questi giorni è pieno di bambini. Le loro famiglie hanno fatto scelte diverse, ma l’orrore della guerra le ha colpite entrambe.
Probabilmente, penso osservando la corsia dell’ospedale, l’unica scelta davvero giusta è quella che possiamo fare tutti noi cittadini del mondo: farla finita, una volta per tutte, con la guerra“.
— Emanuele, dall’Iraq