“Qui ad Anabah stanno cominciando a sbocciare le rose”
“Cara Rose,
sono qui a scriverti nel giorno della Festa della Mamma, durante questo periodo così difficile per tutti. Per me, per te, per tutte le madri del mondo e anche per tutti i loro figli.
Voglio raccontarti quello che mi è successo stamattina.
La luce intorno a me era simile a quella che c’era quando sei nata. La prima cosa che ho fatto è stato rispondere a una chiamata via radio in cui veniva annunciato il primo parto del giorno. Una donna, alla sua prima gravidanza, stava diventando madre per la prima volta. Essere madri è una sfida difficile, ma per me anche bellissima.
Mentre stavo andando in ospedale ho ripensato a te e a quando stavi per nascere. Eri così testarda che non ne volevi sapere di uscire. Volevi il tuo tempo. Poi, dopo quasi 48 ore di travaglio, sei venuta al mondo. Dal giorno della tua nascita, la mia vita è cambiata per sempre.
Nessuna delle due si è mai dimenticata dei miei turni infiniti, ma tu hai sempre capito quanto ami il mio lavoro. Hai sempre capito il motivo per cui stavo più spesso con i bambini in ospedale che con te. Siamo cresciute insieme, lottando sempre per diventare persone migliori.
Qui ad Anabah stanno cominciando a sbocciare le rose.
Questa notte abbiamo aiutato a nascere dodici bambini: ora le mamme li stanno guardando.
Essere madri in Afghanistan ha una valenza diversa da quella a cui siamo abituati. Una madre senza figli non ottiene rispetto e riconoscimento nella società. Ecco perché il nostro ruolo è così cruciale: noi aiutiamo queste donne a partorire i loro bambini in sicurezza.
Rose, se tu fossi nata in Afghanistan il tuo nome, in persiano, sarebbe stato “Morsal”. Le rose del giardino del nostro Centro di maternità sono state piantate proprio l’anno in cui sei nata tu. No, non è una coincidenza, niente lo è.
In questo periodo così difficile devo continuare a coltivare queste rose, come mi sento di dover proteggere le madri e i loro bambini, che spesso non possono contare su nessun aiuto, se non il nostro.
E tu, che sei la rosa della mia anima, capirai come hai sempre fatto. Lo so.
Ricorda sempre: i periodi difficili non hanno vita lunga, le persone tenaci invece sì. Presto potremo tornare a riabbracciarci. Mi manca così tanto ridere a crepapelle con te, camminare sulla spiaggia, guardarti mentre dormi.
Prima però dobbiamo essere forti, dobbiamo proteggere chi ne ha più bisogno per continuare a costruire un mondo migliore.
Ti voglio bene.
Monika, la tua Mamma”.
Monika è la coordinatrice medica del nostro Centro di maternità ad Anabah, in Afghanistan. È anche una mamma, e oggi ha voluto condividere con tutti noi questa lettera.
A chi è lontana, a chi è vicina, a chi è madre e a chi lo diventerà. A chi non vede l’ora di un abbraccio, a chi ancora si sorprende quando si sente chiamare “mamma”. A chi si prende cura degli altri come si prenderebbe cura dei propri figli. A chi si impegna per costruire, dentro o fuori da un ospedale, un mondo migliore. A tutte voi, tanti auguri per la festa della Mamma.
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