“Quello che è successo non si può immaginare”
«È sera quando cominciano a vedersi le luci della nave che pian piano si avvicinano al porto di Augusta». Fabrizio, uno degli psicologi della nostra Unità di supporto in Sicilia, racconta: «la Clipper Hebe, una grossa nave commerciale che batte bandiera norvegese, trasporta 221 migranti tra cui 80 minori non accompagnati, una ventina di donne e il cadavere di un migrante di circa 35 anni morto nella traversata.
Ci sono egiziani, sudanesi, eritrei, palestinesi. Il barcone su cui viaggiavano è naufragato a 70 miglia a sud di Creta; nel corso del recupero, a causa delle avverse condizioni meteo e per la difficoltà del soccorso, circa la metà delle 600 persone a bordo è rimasta dentro l’imbarcazione, che si è inabissata.
Uno dei primi migranti ad avvicinarsi al nostro Polibus è O., un ragazzo sudanese di circa 30 anni. È confuso e stordito. Quando gli spiego che siamo in Italia si illumina e la stanchezza e la pesantezza sembrano scivolare via di colpo. Poi, improvvisamente, cambia espressione e scoppia a piangere, ci mostra un livido sul braccio, “guarda, me lo ha fatto una donna, stava annegando e si è aggrappata a me a morsi, è stato terribile non riuscire a fare niente per lei, è annegata sotto i miei occhi, è stato terribile, eravamo più di seicento sulla nave, mentre ci soccorrevano la barca ha iniziato a imbarcare acqua e poi si è spezzata, tutte le persone che erano a bordo sono precipitate in mare”.
Piange, ricordando la confusione, le urla, la vista dei cadaveri che galleggiavano in acqua. “Non puoi immaginare“, dice, “quello che è successo non si può immaginare. Ora sono qui ma sono così confuso, quello che è accaduto è così impensabile, ora non capisco se sto immaginando, sognando, o se è tutto reale”».
Dall’inizio dell’anno, oltre 3.500 persone sono morte attraversando il Mediterraneo.
Il 3 ottobre, “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”, vuole ricordare loro e chi ha perso la vita nel viaggio in questi anni; ma un anniversario per ricordare la morte di persone senza attuare politiche in grado di evitare altre morti rischia di diventare solo l’istituzione di una vuota ricorrenza.
Per evitare altri morti, chiediamo all’Europa di aprire CANALI DI ACCESSO LEGALI E SICURI A CHI FUGGE DALLA GUERRA E DALLA POVERTÀ.