Per i profughi ucraini: una giornata allo sportello di Casa EMERGENCY
O., 31 anni, è scappata da Kiev con il suo bimbo, A., di quasi due anni.
L’abbiamo conosciuta nelle scorse settimane presso il nostro Sportello socio-sanitario a Casa EMERGENCY, a Milano, dove l’abbiamo aiutata a prenotare le visite pediatriche per il figlio. Non sempre è facile, per chi arriva, orientarsi nel nostro Sistema sanitario.
Attraverso alcune semplici domande, il nostro staff rileva l’eventuale presenza di sintomi come ansia, stress, paura, depressione, condizioni legate alla decisione obbligata di lasciare il proprio Paese, alla difficoltà di integrarsi e di immaginarsi un nuovo futuro nel Paese di arrivo, e può proporre un percorso di supporto per la gestione e l’elaborazione del trauma.
Mentre risponde alle domande, O. non smette di guardare il suo bambino neanche per un secondo.
Lo sportello a Casa EMERGENCY è attivo da marzo 2019 come sportello di ascolto psicologico aperto a tutti e ad accesso diretto, per rispondere ai bisogni della fascia più vulnerabile della popolazione. A gennaio 2022, in seguito all’aumento di richieste di assistenza e orientamento socio-sanitario, lo staff si è ampliato con l’aggiunta di un’infermiera e di una mediatrice. Assistiamo chi si rivolge a noi nella procedura per ottenere il codice Stp (Straniero temporaneamente presente) e l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, da cui dipende la possibilità di accedere alla scelta del medico di medicina generale e del pediatra. Da marzo 2022, lo sportello è anche Ambulatorio medico e garantisce visite e prestazioni di medicina generale.
Loredana, Coordinatrice dello Sportello, ci racconta dei pazienti che abbiamo ricevuto qui, a Casa EMERGENCY, in fuga dalla guerra in Ucraina.
“Alcuni sono senza documenti, la guerra li ha costretti a lasciare tutto all’improvviso: non hanno avuto il tempo di prepararsi, sono semplicemente andati via. Quelli che, invece, hanno i documenti non sanno come funziona il Sistema sanitario qui in Italia e hanno bisogno di essere indirizzati. Noi possiamo aiutarli, li assistiamo in tutte le procedure, li accompagniamo fisicamente se ne hanno bisogno” ci dice. “Altri arrivano in Italia ma non hanno un alloggio e cercano un posto dove stare, anche temporaneamente. Sperano di riuscire a tornare a casa presto”.
Qualcuno di loro non è di nazionalità ucraina, ma possiede il permesso di soggiorno ucraino. Come S., una ragazza di 19 anni di nazionalità marocchina: in Ucraina studiava presso la Facoltà di Medicina di Odessa, è arrivata in Italia senza un posto dove stare. La prima cosa che ci chiede, però, è se avrà la possibilità di continuare a studiare. Per lei abbiamo attivato l’accoglienza contattando la rete “Milano Aiuta”, da cui è partita la segnalazione alla Prefettura del Comune di Milano per trovarle una sistemazione.
L’Unione Europea ha previsto misure eccezionali per l’accoglienza dei profughi ucraini, attivando per loro la protezione temporanea: hanno il diritto di soggiornare, lavorare, andare a scuola e ricevere assistenza sanitaria nei Paesi d’arrivo anche senza aver presentato la domanda di asilo.
Per i profughi di nazionalità non ucraina, invece, la situazione è più complessa: viene offerta loro solamente la protezione prevista dalla legislazione nazionale, che in alcuni Paesi europei limita fortemente la possibilità di beneficiare del diritto d’asilo e di soggiorno.
Che senso ha fare questa differenza, ci chiediamo? EMERGENCY ha partecipato insieme ad altre 32 organizzazioni al Tavolo Asilo e Immigrazione, chiedendo “il riconoscimento della protezione temporanea anche a cittadini di paesi terzi che soggiornavano in Ucraina e che non possono ritornare in condizioni sicure nel proprio paese di origine” .
Mentre parliamo con lei, O. aspetta I., una sua amica, che sta partecipando a uno dei corsi di italiano dedicati ai profughi ucraini attivati qui a Casa EMERGENCY in collaborazione con l’associazione No Walls.
Ci racconta gli ultimi giorni trascorsi a Kiev, tra il desiderio di restare nella città in cui ha sempre vissuto e la necessità di portare suo figlio al sicuro, lontano dalla guerra.
“Ci dicevano che la guerra sarebbe finita presto: abbiamo aspettato tre settimane. Ci sono stati altri bombardamenti, qualche giorno di pausa e poi ancora bombardamenti. Siamo fuggiti. L’unica cosa di cui mi importa, ora, è la vita del mio bambino”, racconta.
Intanto, A. fa di tutto: salta su e giù dal gradino dell’Ambulatorio, gioca con i sassolini che trova nel giardino di Casa EMERGENCY.
A fine lezione ci raggiunge I., ha 29 anni, è arrivata in Italia da Bucha a marzo.
Ci mostra il quaderno con gli appunti della sua lezione di italiano, poi ci pensa un attimo e ci dice sorridendo, in italiano: “Io mi chiamo I.”.
Queste parole sono solo l’inizio di quello che ci auguriamo possa essere per lei un percorso di accoglienza e di inserimento completo in una città che, almeno per un po’, diventerà la sua nuova casa.