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Mediterraneo Centrale: la terza missione della Life Support

Siamo persone che hanno scelto di aiutare altre persone.

Colmiamo un vuoto istituzionale enorme per riconoscere diritti, evitando morti tragiche e respingimenti illegali.

Ecco perché siamo in mare: perché è la cosa giusta da fare.

10 marzo | Lo sbarco a Brindisi

Nel porto pugliese, abbiamo concluso le operazioni di sbarco di tutti i naufraghi salvati. Le loro condizioni generali erano buone ma tanti e tante di loro portano addosso i segni del loro passaggio in Libia.

Leggi le testimonianze dei sopravvissuti e quelle del nostro staff, al termine della nostra terza missione in mare.

La Life Support, dopo aver eseguito il salvataggio del 7 marzo, avrebbe avuto altro spazio per altri naufraghi. Nonostante questo, su indicazione del comando di Roma della Guardia Costiera italiana, non appena terminate le operazioni abbiamo dovuto abbandonare subito la zona di ricerca e soccorso per dirigerci verso Brindisi, il POS assegnato.

L’8 marzo, in particolare, l’aereo Sea Bird della ONG Sea Watch aveva avvistato 19 imbarcazioni in difficoltà e la Guardia Costiera che tentava di soccorrere contemporaneamente 7 imbarcazioni.

Sapevamo che c’era bisogno di una nave attrezzata al soccorso e abbiamo comunicato alla Guardia Costiera la nostra disponibilità a intervenire, ma non siamo stati coinvolti.

Meno navi, meno possibilità di soccorrere: è questo l’effetto del Decreto ONG.

8 marzo

In un audio-aggiornamento, il nostro Responsabile sanitario ci racconta le condizioni di salute delle persone soccorse, che ora si trovano al sicuro sulla nostra nave.

Ci sono casi di disidratazione e ustioni cutanee ma non si registrano casi clinici gravi. Qualcuno porta addosso segni riconducibili a violenze pregresse.

7 marzo

Nella notte la Life Support ha effettuato un soccorso in acque internazionali.

59 uomini, 17 donne (di cui una al settimo mese di gravidanza), 4 bambini accompagnati e 25 minori non accompagnati sono stati soccorsi da un’imbarcazione di gomma lunga circa 12 metri, che non riusciva più a navigare perché il motore aveva smesso di funzionare.

Il porto assegnato dall’MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) è Brindisi.

6 marzo

“Se mi trovassi in una condizione del genere, vorrei ricevere un aiuto”.
Ecco perché Erica, dottoressa, è a bordo della Life Support. Ecco perché siamo in mare.

2 marzo

C’è chi dibatte sull’opportunità o meno di partire, permettendosi di giudicare la disperazione delle persone, e c’è chi lavora per salvare chi rischia di morire in mare. Noi sappiamo da quale parte stare.

28 febbraio – La partenza

Martedì 28 febbraio la Life Support di EMERGENCY è salpata dal porto di Augusta, in Sicilia, per la sua terza missione in mare.

Di fronte a chi fugge da guerra, povertà o cerca un futuro migliore, la nostra scelta è continuare a essere nel Mediterraneo centrale.

A bordo ci sono 27 persone tra marittimi, medici, mediatori, rescuer.

Negli ultimi 10 anni sono affogate in queste acque oltre 20.000 persone: persone uccise dall’assenza di canali legali e sicuri per raggiungere l’Europa e dall’assenza di una missione europea di ricerca e soccorso. Noi siamo qui per portare soccorso a chi parte dalle coste della Libia, un viaggio estremamente rischioso soprattutto in un momento in cui il mare è stato svuotato dalle navi umanitarie a causa della nuova legge approvata il 23 febbraio scorso.

Emanuele Nannini, Coordinatore del progetto SAR di EMERGENCY

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