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“Ma io ho deciso di restare”

“Perché sto pagando? Perché ho paura, sempre. Perché mi guardo allo specchio e mi sento più vecchio di quello che sono realmente.”

Hedayat ha 38 anni, e da 14 lavora come chirurgo dentro il nostro Centro Chirurgico per vittime di guerra di EMERGENCY a Kabul.

“Basta guardare le facce delle persone che sono qui e i numeri di questo ospedale per capire questo Paese. Non c’è sicurezza. E le persone hanno perso completamente la speranza. Continuano a perdere la fiducia che le cose possano migliorare. Siamo tutti rassegnati. E provo molto dolore.
Un tempo i nostri stati d’animo erano molto diversi, ma da qualche anno, qui in Afghanistan, è tutto diverso: la gente vuole fuggire. In molti se ne stanno già andando.

Ogni giorno ho paura a uscire di casa. Un giorno, dopo aver terminato il mio turno in ospedale, ho visto un’auto avvicinarsi a me con grande velocità. In quel momento l’unica cosa che ho pensato è stata: ‘Ok, stavolta è finita’. Non mi sono mosso di un millimetro. ‘Meglio morire subito che soffrire in ospedale, provando la sofferenza che vedo tutti i giorni nel mio lavoro’ – ecco cosa mi sono detto.

Quell’auto quel giorno non mi ha investito. Anche se la paura di morire all’improvviso, e senza motivo, mi accompagna ogni minuto.

Perché vivere qui significa avere paura. Non avere nessuna speranza per il futuro. I miei occhi, in questi anni, hanno visto troppo dolore. Un dolore che non è solo il mio. È di tutti. E questo non è normale, non lo sarà mai.

Ogni paziente che riceviamo qui, in questo ospedale, è come una nuova ferita nell’anima.

Ma io ho deciso di restare. Lo faccio per la mia famiglia: mia madre, mio padre, i miei figli, la mia gente. Anche se il prezzo che pago per essere rimasto qui è sempre molto alto.

Io resto qui, perché quello che faccio mi piace e perché voglio trasmettere speranza alla mia comunità.”

Nel 2018, nel nostro Centro chirurgico di Kabul, abbiamo curato oltre 4.000 vittime di guerra.


La testimonianza del nostro chirurgo Hedayat, insieme a quelle di altri pazienti ricoverati nel nostro Centro chirurgico di Kabul, è stata raccolta e documentata dalla giornalista Francesca Mannocchi e dal fotografo Alessio Romenzi.