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“L’ho seppellita con le mie mani”

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“Hanan proviene da Salah al-Din, una delle province nel sud dell’Iraq invase dall’ISIS.
È arrivata con quasi tutta la sua famiglia nel campo profughi di Ashti. Quasi, perché ne manca un pezzettino che non è riuscita a proteggere e portare via con sé. Quasi, perché avrebbe dovuto avere sette paia di occhi in più mentre scappava con i suoi figli attraverso il giardino sul retro di casa.

Nel suo ricordo tutto succede in un attimo.

Hanan corre e si gira per assicurarsi che ci siano tutti i suoi bambini: cinque maschi e le due gemelline. Corre perché sono entrati in casa e stanno sparando su tutto ciò che si muove. Corre e realizza che ai suoi occhi i conti non tornano, ma i secondi per pensare non li ha.

Quel momento però le basta per capire che il corpo della sua bambina avrebbe dovuto lasciarlo lì, per salvare gli altri figli da quelle furie.

Ci racconta che, dopo dieci giorni, un soldato dell’esercito dell’alleanza irachena è riuscito a mettersi in contatto con la sua famiglia e a riconsegnarle il corpo di sua figlia. ‘L’ho seppellita con le mie mani’, ci ha detto cercando di imitare il gesto della vanga.

Ora Hanan lavora con noi, come cleaner, nella nostra clinica del campo di Ashti. Anche grazie a questo lavoro sta cercando di trovare una nuova prospettiva di vita”.

— Alessandro, Infermiere di EMERGENCY