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Le ferite dell’umanità in fuga

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“Questa è la scheggia che mi ha colpito. La conservo come ricordo. Se non fosse stato per lo studente di medicina che viaggiava insieme a noi, non ce l’avrei fatta”.

A parlare è uno dei 331 migranti che abbiamo recuperato stamattina a largo delle coste libiche. Lui è uno dei diversi feriti da arma da fuoco salvati dal Responder. Raccontano di essere stati colpiti nella località di Sabratah in Libia e di esser stati curati e assistiti da uno studente di medicina nell’attesa di partire insieme a loro verso l’Europa e durante la traversata in mare.

Le ferite che ogni giorno scopriamo su questa umanità in fuga ci raccontano la violenza della guerra. Sono ferite profonde che difficilmente potranno esser cancellate.