“La sopravvivenza è un terno al lotto”
Sono circa le 8 di lunedì mattina. Kabul viene svegliata da una prima esplosione.
Ancora sangue a #Kabul. 17 feriti portati all’ospedale di Emergency, 5 morti all’arrivo.
— EMERGENCY (@emergency_ong) April 30, 2018
È proprio a Shash Darak, il distretto cittadino dove sono esplose due bombe, una dietro l’altra, che vive Mohammed.
“Ho sentito un boato, la mia casa è di fronte alla sede della Direzione Nazionale dell’Intelligence, proprio dove è avvenuto l’attacco. Avevo paura, ci ho pensato un po’, ma poi sono sceso, volevo dare una mano. Ho visto tante persone distese per terra, ferite, alcune probabilmente già morte. Dopo qualche minuto ho udito una seconda esplosione…poi non ricordo più niente”.
Mohammed, più o meno 60 anni, è uno dei sopravvissuti. È arrivato al Centro chirurgico di EMERGENCY a Kabul dopo esser stato colpito dalle schegge della seconda esplosione. Ha riportato ferite al braccio e al torace.
È seduto sul letto d’ospedale con le gambe incrociate, ha una lunga barba bianca. Parla con un infermiere afgano che lavora con EMERGENCY, commentando quello che è successo. “Gli attacchi ai civili ormai sono parte della quotidianità. Tutti abbiamo paura. In realtà, da quel che ricordo, abbiamo sempre avuto paura, ma adesso è anche peggio. La sopravvivenza è un terno al lotto. Siamo tutti spaventati da quello che succede fuori, non possiamo chiuderci in casa. Abbiamo bisogno di lavorare, i bambini devono andare a scuola…”.
Ancora una volta, la nostra giornata a Kabul si chiude contando le vittime degli attentati arrivate nel nostro ospedale.
Solo nei primi 3 mesi del 2018 i civili uccisi in Afghanistan sono stati 763, 1095 i feriti. Il 2017 è stato il quarto anno consecutivo in cui i civili uccisi o feriti sono stati oltre 10.000.
“Oggi abbiamo ricevuto 17 pazienti, 5 sono morti all’arrivo, 4 di loro al momento sono in condizioni molto critiche” racconta Dejan, il nostro coordinatore in Afghanistan.
L’incessante attività dell’ospedale a Kabul è un chiaro segnale di quanto la situazione del Paese stia continuamente peggiorando: da inizio anno abbiamo ricoverato oltre 1.100 vittime di guerra, 220 in più di un anno fa.
“È cambiata la routine del conflitto”, spiega Dejan. “Prima c’erano delle pause stagionali: in inverno, per esempio, c’erano meno combattimenti. Quest’anno, invece, anche a gennaio il flusso dei pazienti è stato altissimo. Tutti in Afghanistan hanno perso qualcosa a causa della guerra: un figlio, un familiare, un braccio.
“Il paradigma della guerra è sempre lo stesso: brutalità e disumanità”.
#laguerraè