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Kabul: tra le vittime dell’attentato del 30 settembre in un centro formativo

Lo scorso 30 settembre, un’esplosione in un centro formativo privato di preparazione agli esami nel quartiere Dasht-e-Barchi di Kabul, a maggioranza hazara, causava – secondo i bilanci ufficiali – oltre 30 morti e più di 40 feriti.

Nel nostro Centro chirurgico di Kabul abbiamo ricevuto 22 vittime, tutte di età tra i 18 e i 25 anni. Per la maggior parte, ragazze che si trovavano in aula. “Alcune ragazze sono arrivate con libri e materiali di cartoleria sotto braccio” racconta Dejan, coordinatore di EMERGENCY dall’Afghanistan, “stavano preparando un esame per il concorso di ammissione all’università. Si tratta di una giovane generazione di afgani che non ha mai visto altro che guerra, ma ha sogni per il proprio futuro. Soprattutto quello di poter finalmente vivere una vita normale e di pace”.

Fatima e Tahira

Tra i feriti ammessi nel nostro ospedale quel venerdì c’è anche Fatima. Ad appena 18 anni si era spostata nella capitale per frequentare, con un anno di anticipo, il corso di preparazione alla facoltà di medicina.

Quello che le è successo non ha spento la sua voglia di imparare: “che tipo di medico voglio diventare? Un chirurgo”, ci dice. “Per aiutare la gente, la gente povera”.

Accanto a Fatima c’è Tahira. Ha un anno in più e un obiettivo molto simile: anche lei vuole diventare chirurgo. “Continuano a esserci molte esplosioni e violenza”, racconta. Lo vediamo anche dal nostro ospedale: da inizio anno sono già 23 le mass casualty che abbiamo gestito, più di due al mese. 13 solo negli ultimi due mesi.

“Perché voglio diventare chirurgo? È il modo per dare il mio contributo, per aiutare la mia gente”.

Le conseguenze psicologiche sulle vittime

Le conseguenze psicologiche sulle vittime di eventi di questo tipo sono incancellabili”, spiega Dimitra, coordinatrice medica dell’ospedale. “Una mattina Tahira mi ha detto: ‘Non riesco a dormire, continuo a sentirli’, riferendosi agli spari, al rumore dell’esplosione, alle urla di chi scappava. Le ho spiegato che è normale per ciò che ha vissuto, che ha bisogno di tempo per metabolizzare, anche se non dimenticherà mai”.

Dopo varie operazioni che la costringeranno a rimanere in ospedale ancora diversi giorni, Tahira in questi giorni ha ricominciato a sorridere.

“Le conseguenze psicologiche dell’essere vittime di eventi come questi sono molto pesanti, eppure queste persone riescono a rimettersi in piedi e continuare a vivere”, ci dice Dejan.

La situazione a Kabul e nel Paese

“La situazione è di forte insicurezza e instabilità”, spiega Dejan. Da agosto dello scorso anno sono state più di 16.000 le ammissioni nei nostri Centri di Kabul, Lashkar-gah, Anabah. Nella sola Kabul, più del 90% sono categorizzabili come vittime di guerra.

“Noi continuiamo, e continueremo, ad assicurare cure tempestive, gratuite e di qualità”.