“Il mio desiderio è solo quello di poter dare un futuro ai miei nipoti”
“Durante la guerra tra Iran e Iraq, scoppiata negli anni Ottanta, ci siamo trovati al confine di un campo pieno di mine, piazzate da chissà chi. Insieme a me sono rimaste vittime delle esplosioni altre 25 persone. L’unico a rimanere vivo sono stato io. Eravamo in guerra, ci muovevamo tutti insieme.”
Muhamed viene da Mosul e ora ha 51 anni. Per colpa di quelle mine esplose, ha perso la gamba destra e una parte del piede sinistro.
Nel 2017, durante la liberazione della città, era pronto a scappare con la sua famiglia ma la sua casa è stata bombardata e sono rimasti bloccati. A causa del bombardamento, anche sua moglie e una nipote hanno subito delle amputazioni.
Muhamed non è solo un paziente del Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di EMERGENCY a Sulaimaniya è in primis un padre: nel 2016, alcuni militanti delle forze antigovernative hanno rapito e ucciso uno dei figli maschi, colto in flagrante a vendere – segretamente – sigarette in città, per guadagnarsi da vivere. Un’attività proibita e punita severamente.
“Lo hanno gettato in una delle fosse comuni che avevano scavato, non ho saputo più niente. Aveva solo 19 anni. Quando ho protestato perché volevo sapere dove avessero gettato il corpo, sapete cosa hanno fatto? Io e un altro figlio, di 24 anni, siamo stati rapiti e tenuti in ostaggio per 18 giorni.
Come padre e nonno, il mio desiderio è solo quello di poter dare un futuro ai miei nipoti. Siamo in 14, tutti sotto lo stesso tetto. Ce la farò?”
Il Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di EMERGENCY a Sulaimaniya, in Iraq, è finanziato da “Aiuti umanitari e protezione civile dell’Unione europea”.