Eppure avevo pensato: “Mi resta solo un’ora da vivere”
“Se rivivo quel momento, la prima cosa che mi viene in mente è quello che ho pensato subito dopo l’esplosione: ‘Mi resta solo un’ora da vivere’“.
Il racconto di Farid, 44 anni, di fronte all’ingresso del laboratorio di carpenteria del Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di Sulaimaniya, comincia così.
“Quel giorno mi trovavo a Taza Dea, nel distretto di Penjwin, un’area molto vicina a una vecchia base militare dove ci sono molte mine. Ero in un frutteto e ho messo il mio piede su una mina. Non l’avevo vista.” Dopo l’esplosione, Farid viene soccorso dallo zio, in quel momento insieme a lui.
“Mi ha fasciato la gamba con i suoi vestiti e mi ha portato subito in ospedale, dove sono stato operato e ho ricevuto i trattamenti necessari. Sono grato a mio zio per l’aiuto che mi ha dato, per come ha dimostrato di tenere alla mia vita.
Quando sono arrivato a Sulaimaniya, ho ricevuto la mia prima protesi e camminato con le stampelle per 4 mesi. Oggi, fortunatamente, quelle stampelle non mi servono più.”
Farid, oltre a essere un nostro paziente, è anche un carpentiere. Ha frequentato uno dei corsi di formazione che EMERGENCY organizza annualmente per gli ex pazienti che vogliono ricominciare un’attività e guardare oltre il danno fisico che la guerra ha provocato sui loro corpi e sulla loro vita.
Oggi Farid gestisce in autonomia la sua bottega di falegnameria nel centro della città, che ha potuto aprire grazie al nostro sostegno. Nel suo negozio, che ci ha portato a visitare, lo vediamo avvitare le componenti dei mobili in legno richiesti dai clienti, fornire le misure degli oggetti che produce, fissa i tempi di consegna e i colori con cui verniciare. Il suo è un lavoro impegnativo: ma la protesi alla gamba non gli impedisce di fare anche i movimenti più ampi come inginocchiarsi e spostare le pesanti assi di legno.
“Insieme a me lavora anche mio figlio, sto cercando di insegnargli il mio mestiere. Sono riuscito ad assumere due persone nella mia attività. Fino a poco tempo fa non avrei mai creduto di poter tornare a lavorare, ma soprattutto di poter vivere semplicemente una vita normale, come tutti. Pensare che, appena successo tutto, la prima cosa che mi sono detto è che nel giro di un’ora sarei morto.”
Il Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di EMERGENCY a Sulaimaniya, in Iraq, è finanziato da “Aiuti umanitari e protezione civile dell’Unione europea”.