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EMERGENCY in Sudan, gli aggiornamenti su cosa sta succedendo a Khartoum e nel Paese

Temi:

17 ottobre

Schegge all’ingresso del nostro Centro Salam a Khartoum

Ieri mattina abbiamo trovato queste schegge all’ingresso del nostro ospedale a Khartoum, in Sudan.

Sono state causate da due attacchi aerei avvenuti a poche centinaia di metri dal compound del Centro Salam di cardiochirurgia e dell’ambulatorio di pediatria di EMERGENCY a Soba Hilla.

Da giorni gli scontri tra le forze armate governative (SAF) e i paramilitari RSF per il controllo della capitale si sono intensificati.

È stato l’episodio più vicino a noi e per tutelare la sicurezza di pazienti e colleghi abbiamo dovuto sospendere temporaneamente le attività pediatriche, che sono riprese oggi regolarmente.” ha detto Giovanni Tozzi, Direttore delle attività di EMERGENCY in Sudan.

Della guerra in Sudan si parla poco, ma il suo impatto è devastante: quasi 25.000 sono le vittime registrate finora e oltre 10 milioni gli sfollati.

“Chiediamo alle parti in guerra di rispettare le strutture sanitarie ancora operative e di garantire il proseguimento delle attività umanitarie in supporto alla popolazione sudanese.”

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Abbiamo bisogno del tuo aiuto per continuare a curare e assistere la popolazione sudanese.

10 ottobre

Situazione in Darfur: un aggiornamento da Nyala

Dopo mesi di bombardamenti incessanti, assalti su larga scala e rastrellamenti, la situazione umanitaria nel Darfur è disastrosa. Molti villaggi sono stati assediati e completamente rasi al suolo.

Secondo le stime, il 34% degli sfollati interni al Sudan a causa della guerra scoppiata ad aprile 2023 sono abitanti del Darfur fuggiti dalla regione per mettersi in salvo.

A Nyala, la capitale del Sud Darfur, continuiamo a garantire farmaci e vaccinazioni contro malattie come turbercolosi e tetano. Continuiamo anche a organizzare sessioni di educazione sanitaria per promuovere buone pratiche di gestione dell’allattamento, dell’igiene, dell’alimentazione nelle fasi di malnutrizione e per prevenire diarrea, colera e malaria.

“Da maggio abbiamo raggiunto oltre 15.000 madri e bambini con le nostre attività di promozione della salute materno-infantile e quasi 3.000 bambini sono stati vaccinati”, racconta Islam, la nostra head nurse sudanese. “Le persone lottano contro carestia e patologie che altrove sarebbero facilmente prevenibili, ma che in un sistema sanitario collassato possono avere conseguenze estreme.”

1 ottobre

Khartoum: Arrivano 110 bambini in media ogni giorno

“A settembre oltre il 60% dei bambini aveva un codice giallo o rosso.”

Nel nostro Ambulatorio pediatrico a Khartoum, in Sudan, arrivano 110 bambini in media ogni giorno.

A causa della guerra il sistema sanitario locale è sempre più debole e insufficiente, la fame è sempre più estrema, il livello delle infezioni sempre più acuto: rispetto a due mesi fa, il numero di pazienti che arrivano è più che raddoppiato. Le condizioni in cui arrivano sono sempre più critiche.

“Sono in aumento i casi di shock causati da forme acute di malnutrizione, racconta la nostra infermiera Caterina. “Manca il cibo, anche i centri nutrizionali faticano a reperire le dosi di cibo terapeutico. E spesso i rifornimenti non riescono a giungere a destinazione: un’altra conseguenza dei combattimenti. Curiamo anche tante gastroenteriti, causate da cibo contaminato e acqua stagnante. I batteri stanno proliferando ovunque.

19 agosto

Le condizioni sanitarie degli sfollati a Port Sudan

Mancano ospedali, alloggi, infrastrutture igieniche adeguate.

A Port Sudan, le condizioni sanitarie e di vita degli sfollati di guerra sono precarie: la città si è trovata impreparata a ricevere migliaia di persone in fuga, trasformandosi presto in un enorme campo profughi.

“Visitiamo tra gli 80 e i 100 bambini ogni giorno, con le patologie più diverse” racconta la Presidente di EMERGENCY Rossella Miccio dal Centro pediatrico che gestiamo a Port Sudan dal 2011. “In questi mesi abbiamo iniziato ad assistere anche le future madri e a offrire cure pre e post-natali”.

Il centro pediatrico di EMERGENCY a Port Sudan è finanziato dall’Unione Europea.

5 agosto

La guerra deteriora la salute materno-infantile

Shagan ha poco più di una settimana di vita. “Suo fratello gemello è morto cinque giorni dopo il parto”, ci ha raccontato sua madre.

Quando è arrivata nel nostro Centro pediatrico a Khartoum, la neonata era molto debole. Aveva la febbre altissima, era in stato di sonno profondo, non riusciva più a prendere il latte materno. Gli esami a cui l’abbiamo sottoposta hanno rivelato segni di infezione, dovuta a una sepsi neonatale.

“Una patologia che riscontriamo spesso e che tante volte è causata dalle condizioni igieniche scarse dei parti fatti in casa, gestiti senza alcuna assistenza ostetrica” racconta la nostra infermiera Caterina.

In un contesto compromesso da più di un anno di guerra, partorire in casa è quasi sempre l’unica scelta possibile.

“Vediamo anche tante giovani madri che conducono gravidanze in stato di forte malnutrizione, un’altra conseguenza del conflitto sulla salute materno-infantile”.

In Sudan, 14 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria: il disastro sanitario, sociale ed economico prodotto dalla guerra ha un impatto diretto sulle probabilità di sopravvivenza, dopo il parto e nei primi anni di vita.

26 luglio

Una crisi umanitaria dimenticata

In Sudan la catastrofe umanitaria generata dal conflitto in corso sta raggiungendo livelli senza precedenti: 25 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare, oltre 10 milioni sono sfollate e circa 750 mila quelle a rischio carestia.

Anche la sanità locale è al collasso: l’80% degli ospedali del Paese non è più funzionante. E con l’inizio della stagione delle piogge la situazione sanitaria potrebbe ulteriormente aggravarsi.

Il Centro Salam è uno dei pochi ospedali rimasti aperti a Khartoum. Seppure in mezzo a continue difficoltà, continuiamo a lavorare nel Paese”, spiega Giovanni Tozzi, il nostro coordinatore in Sudan.

6 luglio

“Era già severamente malnutrita e anemica…”

Malak ha 18 mesi ma pesa soltanto 7,3 chilogrammi.

È arrivata nel nostro Centro pediatrico a Khartoum, in Sudan, accompagnata dalla sorella maggiore.

“Da tre giorni si rifiuta di mangiare”, ci ha detto all’arrivo in Ambulatorio.

Era già severamente malnutrita e anemica e in più, una gastroenterite le aveva completamente fatto perdere l’appetito”, racconta Caterina, la nostra infermiera. “L’abbiamo sistemata in uno dei nostri letti, in osservazione, per la somministrazione degli antibiotici e della soluzione reidratante per i pazienti allo stadio acuto di malnutrizione come lei”.

Per il suo caso è stata necessario organizzare un trasferimento in ambulanza verso uno dei pochi ospedali ancora funzionanti, per continuare le terapie.

Nelle aree del Paese come Khartoum dove il conflitto è attivo, l’insicurezza alimentare esaspera la vita delle famiglie, che attraversano una catastrofe umanitaria senza precedenti. La crisi energetica – la scarsità di carburante e i frequenti blackout elettrici – i combattimenti incessanti, la distruzione della città che la rende irriconoscibile hanno spinto le persone alla fuga. Il 36% di tutti gli sfollati interni al Paese proviene dalla capitale. Chi invece è rimasto, non ha più nulla.

“I nostri genitori si trovano a Port Sudan”, ci ha detto la sorella, l’unica persona che ora può prendersi cura di Malak.

Oltre 800 kilometri li separano in questo momento così drammatico per tutto il Sudan, dopo 448 giorni: di guerra, fame continua, violenza, diritti dimenticati.

5 luglio

“Milioni di persone non hanno accesso al cibo, ma di questa crisi non se ne occupa nessuno”.

Dopo un anno di guerra, in Sudan oltre 25 milioni di persone sono nella morsa della fame, colpiti da un’insicurezza alimentare estrema e malnutrite, bisognose di aiuti umanitari per sopravvivere.

Nel nostro Centro pediatrico a Port Sudan, oltre un terzo degli ingressi è rappresentato da bambini malnutriti. Nel secondo Centro attivo a Khartoum – un presidio aperto per rafforzare la risposta ai bisogni pediatrici – i casi critici sono in aumento.

Ma nonostante la situazione sanitaria e alimentare nel Paese sia drammatica, sembra che il Sudan sia uscito da ogni radar d’interesse. Il conflitto ha indotto la cosiddetta “economia di guerra”: i prezzi dei beni primari sono alle stelle e le famiglie non possono acquistare il cibo. Anche i raccolti non danno più frutti: con i bombardamenti in corso, coltivare la terra per sfamarsi è impossibile.

“La guerra non permette di produrre più niente. Milioni di persone che non hanno accesso al cibo, ma di questa crisi non se ne occupa nessuno”, riferisce la nostra collega Daniela nella sua testimonianza dal Paese.

14 giugno

“Ogni singola donazione fa la differenza”.

A causa della guerra in Sudan, milioni di persone hanno dovuto lasciare la capitale Khartoum, fuggendo in cerca di un posto sicuro. Tra loro, migliaia di donatori di sangue che ci permettevano di garantire i rifornimenti della “blood bank” del Centro Salam: parenti dei pazienti, abitanti delle comunità vicine…

Un anno di conflitto e bombardamenti ha distrutto Khartoum, oggi spettrale e deserta. Ha reso pericoloso spostarsi e sempre più difficile trovare donatori di sangue, specie per i gruppi sanguigni più rari.

Oggi ogni singola donazione fa la differenza, in un contesto già messo a dura prova da continui limiti logistici e di approvvigionamento” racconta Elisabetta dal Salam. È grazie alla generosità dei parenti di pazienti e delle persone della vicina comunità di Soba, che si presentano spontaneamente per donare il sangue, che riusciamo a proseguire le attività.

Un atto di generosità indispensabile per assicurare trasfusioni tempestive e scorte di emocomponenti per il nostro ospedale.

11 maggio

Le testimonianze dei nostri infermieri da Khartoum

A ogni passo della cura, sostengono i pazienti verso la guarigione: sono tutti gli infermieri impiegati a garantire assistenza e diritti nei nostri progetti nel mondo.

Anche in Sudan – dopo oltre un anno di conflitto – i nostri infermieri continuano a investire tutte le energie possibili, seppur in mezzo a grandi difficoltà quotidiane.

È anche il loro lavoro di ogni giorno a rendere i nostri ospedali luoghi di accoglienza, empatia, pace. A far sentire “l’altro” che ha bisogno, prima di tutto, una persona.

Ascolta le loro testimonianze in questo video.

30 aprile

Riprendono le vaccinazioni presso il Centro pediatrico di Nyala

A Nyala, nel nostro Centro pediatrico, abbiamo ricominciato a effettuare le vaccinazioni per i bambini. Un’attività essenziale, inserita nell’ambito del programma di vaccinazione ristabilito a livello regionale dalle autorità sanitarie, per la prevenzione di malattie come poliomielite, morbillo, tetano, febbre gialla, tubercolosi, meningite.

Tra i vaccini che somministriamo, anche quello contro il rotavirus, responsabile di gastroenteriti virali soprattutto tra i neonati.

“Siamo soddisfatti di tornare a garantire questo servizio all’interno del nostro Centro pediatrico” racconta Laura, Coordinatrice medica del Centro pediatrico.

Grazie a questo servizio i bambini, anche in un Paese che da più di un anno vive una guerra e le sue durissime conseguenze (in Sudan, dove è in corso la più grande crisi di sfollati interni al mondo, il 65% circa della popolazione non ha accesso ad assistenza sanitaria e il 70% delle strutture ospedaliere nelle aree coinvolte nei combattimenti non è più funzionante), possono essere vaccinati contro patologie facilmente curabili nei Paesi occidentali ma che in Sudan incidono sulla mortalità infantile.

19 aprile

L’effetto del conflitto sui costi di materie prime e beni di prima necessità

L’impatto della guerra, che da oltre un anno sconvolge il Paese, si riflette sulla vita quotidiana della popolazione e anche sulle spese di gestione delle nostre strutture.

A causa dei prezzi alle stelle di carburante, generi alimentari e farmaci, milioni di persone non possono mangiare, curarsi, spostarsi in luoghi sicuri. Si aggiungono inoltre la vulnerabilità del sistema delle comunicazioni, delle linee internet e il collasso del sistema bancario che mettono a repentaglio la sicurezza degli sfollati, ormai dipendenti dagli aiuti umanitari per sopravvivere.

Gli incrementi percentuali, da soli, danno dimostrazione di un contesto sempre più fragile, per chi non ha risorse adeguate.

15 aprile

A un anno dall’inizio della guerra, la video testimonianza da Khartoum

12 aprile

Un anno di una guerra dimenticata

Mentre il mondo sembra dimenticarsi del Sudan, a un anno dall’inizio del conflitto il Paese vive una delle più grandi crisi umanitarie attuali: più 6,5 milioni di sfollati, circa il 65 % della popolazione senza accesso ad assistenza sanitaria, il 70% delle strutture ospedaliere nelle aree coinvolte nei combattimenti non più funzionante.

Continui blackout elettrici e interruzione delle connessioni internet e telefoniche; prezzo del carburante aumentato esponenzialmente e scarsità di beni di prima necessità; difficoltà di reperimento di farmaci e attrezzature, e nella comunicazione: il nostro intervento in Sudan di EMERGENCY, a un anno dallo scoppio della guerra, fa i conti con enormi difficoltà che mettono ogni giorno a repentaglio la sopravvivenza della popolazione e dei nostri progetti nel Paese.

Puoi aiutarci in questo momento con una donazione online: la useremo per garantire il diritto alla cura anche per i nostri pazienti in Sudan. DONA ORA usando questo link.

17 marzo

Aperto un nuovo Ambulatorio pediatrico a Khartoum

Un presidio dedicato ai pazienti pediatrici – allestito nel complesso del Centro “Salam” – dove garantiamo cure fino ai 14 anni.

I minori sono tra i più colpiti dal conflitto in corso nel Paese: sono oltre il 50% di coloro che in questo momento hanno bisogno di assistenza umanitaria e sanitaria per sopravvivere.

L’Ambulatorio è equipaggiato per effettuare le visite, l’osservazione dei pazienti con problematiche più acute, le analisi di laboratorio, la distribuzione di farmaci; un team di health promoter dialoga inoltre con genitori e accompagnatori condividendo importanti indicazioni per preservare la salute dei bambini.

15 marzo

Un viaggio impegnativo per trasportare materiali e farmaci a Khartoum

“Con la guerra molte delle vie di comunicazione principali sono bloccate o non più percorribili”, spiega dal Sudan Roberto, Direttore del nostro programma di medicina di eccellenza in Africa. “Per questo i nostri logisti hanno studiato nuove vie per consentirci di continuare a rifornire le nostre strutture per rispondere ai bisogni della popolazione.”

Ecco alcune foto di un viaggio impegnativo – che ha incluso una tappa di 200 chilometri nel deserto di Shendi – per trasportare farmaci e materiali da Port Sudan al Centro “Salam” di Khartoum.

In questo trasporto speciale sono inclusi anche i farmaci necessari per avviare un ambulatorio di pediatria nel complesso del “Salam”. Per offrire cure gratuite, anche a Khartoum, ai bambini vittime di questo conflitto.

Non abbandoniamo il Sudan.

13 marzo

Una storia dal nostro Centro “Salam” di Khartoum

I ripetuti black-out elettrici che ci costringono a riprogrammare gli interventi, le linee telefoniche bloccate per diversi giorni, l’attesa per ottenere i permessi necessari per far spostare gli stock di farmaci e il personale, le difficoltà a viaggiare via terra una volta ottenuti questi permessi…In Sudan, la guerra ha un impatto costante anche sulle attività dei nostri ospedali.

Nonostante tutti questi ostacoli, al Centro “Salam” non abbiamo mai smesso di garantire cure cardiochirurgiche – e tutti i controlli necessari ai nostri pazienti.

Alima, 8 anni, è arrivata da noi con una grave insufficienza cardiaca: è affetta da malattia reumatica, una patologia che causa un’anomalia nel funzionamento delle valvole del cuore. Aveva bisogno di un intervento urgente e di trasfusioni.

“In sala operatoria, abbiamo impiegato l’emorecupero”, spiega Elisabetta, la nostra perfusionista. “Un macchinario che permette di ridurre il numero di trasfusioni riutilizzando il sangue del paziente stesso. Lo utilizziamo quando la disponibilità di sacche di sangue è ridotta, come in questi mesi di guerra.”

La disponibilità di questo macchinario, in un Centro specializzato ed equipaggiato come il nostro, ha permesso la riuscita dell’intervento.

Sono passati oltre 300 giorni dall’inizio della guerra in Sudan. Una guerra che è entrata anche negli ospedali: il conflitto ha portato alla chiusura dell’80% delle strutture sanitarie del Paese. In quelle ancora funzionanti, manca il personale specializzato – sfollato o fuggito oltre confine– e molti macchinari sono andati distrutti.

15 milioni di persone non possono accedere alle cure di cui hanno bisogno.

8 marzo – Giornata Internazionale per i diritti delle donne

“La fuga dal Sudan è durata 4 giorni di macchina”.

Da allora, era giugno dello scorso anno, due mesi dopo l’inizio della guerra, Aziza vive in un campo profughi in Ciad.

Aziza è una nostra “paziente a vita”: operata al cuore al Centro “Salam” diversi anni fa, per la sostituzione della valvola mitrale, deve seguire una terapia a vita. Prima della guerra, nelle nostre strutture riceveva costantemente farmaci e controlli gratuiti. Ora, lontano dal suo Paese, accedere a queste cure è quasi impossibile.

Nella missione cardiologica che abbiamo svolto da poco in Ciad, dopo la visita le abbiamo consegnato una scorta di farmaci per 6 mesi.

“Sono completamente sola, ho perso tutti i contatti con i miei familiari”, ci ha raccontato. Ma non si arrende: per guadagnare abbastanza per sopravvivere, ha iniziato a cucinare per altri rifugiati come lei. Ha poco a disposizione: un po’ di mais rosso, lenticchie e olio. Per prendere l’acqua, cammina mezz’ora ogni giorno.

“Con quei soldi”, ci racconta mentre la visitiamo, “riesco a pagare i trasporti per raggiungere il laboratorio di analisi: 2 giorni di viaggio per andare, 2 per tornare”.

Dall’inizio della guerra, il Ciad ha accolto oltre 550.000 persone in fuga, il 90% sono donne e bambini.

Ad Aziza e a tutte le donne che nel mondo stanno lottando per sopravvivere in mezzo ai conflitti, per vedere riconosciuti i loro diritti.

14 febbraio

Con un blackout di rete diffuso, il Sudan è andato “offline”

Per un’intera settimana, in Sudan, un blackout ha messo fuori uso la linea internet in tutto il Paese.

L’interruzione delle linee, progressiva dal 3 febbraio e poi totale a partire dal 5 febbraio, ha determinato l’oscuramento delle reti mobili di tutte le compagnie telefoniche locali. Con l’effetto di gravi difficoltà anche al nostro lavoro e rallentando in modo sensibile le comunicazioni tra i colleghi dei diversi ospedali e con i nostri Uffici di coordinamento in Italia.

Il ripristino lento e parziale, cominciato il 12 febbraio, segue giorni in cui il Paese è rimasto completamente “offline”.

La restrizione ha compromesso, in particolare, il contatto da remoto con i nostri pazienti:

Dall’inizio della guerra, ad aprile 2023, abbiamo mantenuto una comunicazione a distanza con i pazienti sfollati nelle aree più remote del Paese per un monitoraggio da remoto e sull’andamento della terapia anticoagulante, che i pazienti operati al cuore devono seguire tutta la vita. A causa del blackout siamo preoccupati per il loro stato di salute perché non riusciamo più a comunicare con loro.

Roberto Crestan, Direttore ANME (African Network of Medical Excellence) di EMERGENCY

Il “down” della connessione ha impattato negativamente soprattutto sulla clinica satellite di Atbara e sul Centro Pediatrico di Port Sudan, rimasti completamenti isolati per giorni.
Il Centro “Salam” nel quartiere Soba della capitale Khartoum e il Centro pediatrico di Nyala hanno invece potuto contare sul supporto di un’antenna satellitare, installata per gestire situazioni di estrema necessità.

L’assenza di rete ha inoltre interrotto la possibilità di effettuare trasferimenti bancari online verso gli ospedali, privando i nostri amministratori di contare su risorse economiche necessarie a mantenere l’approvvigionamento di materiali e farmaci in loco, i cui prezzi in questi mesi di guerra sono aumentati esponenzialmente, così come il pagamento dei salari per il personale sudanese.

A oggi nel Paese 11 milioni di persone sono sfollate: hanno perso tutto, ma conservano il diritto di non essere dimenticate o perdere i legami con il resto del mondo.

8 febbraio

Lo spostamento di persone e materiali continua a essere difficile

Far viaggiare merci e persone è sempre più difficile e insicuro a causa della guerra. L’impatto è notevole anche sul nostro lavoro:

  • Se le limitazioni stanno lentamente diminuendo per i movimenti interni, per il nostro staff internazionale è sempre molto difficile ottenere i visti per entrare nel Paese.
  • Siamo costretti a ripianificare continuamente il trasferimento via terra delle scorte di farmaci e materiali dai magazzini verso gli ospedali. Immaginate la difficoltà di gestire approvvigionamento e stoccaggio senza potere sapere quando potremo organizzare i trasporti, condizionati dai tempi di rilascio dei permessi forniti dai diversi gruppi e autorità che controllano le diverse zone del Paese.    

Senza abbastanza personale qualificato per affrontare l’emergenza sanitaria e umanitaria, il rischio è di vedere il Paese collassare completamente e precipitare. In questi mesi di conflitto, lo staff sudanese che ha scelto di rimanere nel Paese continua a gestire carichi di lavoro notevoli, nell’assenza forzata di figure specializzate internazionali, sanitarie e non, centrali per i nostri interventi.  
  
Favorire la circolazione di persone e materiali e non limitare il lavoro delle ONG, impegnate a curare chi ha bisogno, anche in guerra, è fondamentale per tutelare la salute delle persone.

 

 

3 febbraio

Port Sudan è diventato un enorme campo profughi

Port Sudan, in questi mesi di guerra in Sudan, ne è diventata la capitale de-facto.

La città ha le sembianze di un enorme campo profughi: negli ultimi mesi, la zona est del Paese ha accolto circa 500.000 sfollati, di cui almeno 270.000 si sono fermati a Port Sudan.

“Vediamo bambini malnutriti, con patologie del tratto respiratorio e gastro-enterico. In alcuni giorni, gli ingressi quasi raddoppiano rispetto alla media pre-guerra. Monitoriamo anche la salute dei pazienti cardiopatici con ecocardiogrammi, controllo INR e terapia anticoagulante”, racconta Franco Masini, cardiologo e Coordinatore del Centro “Salam” a Khartoum, in questi giorni a Port Sudan.

Secondo le stime ONU più recenti, dal 15 aprile oltre 9 milioni di sudanesi hanno abbandonato le proprie abitazioni. La metà sono bambini. 

Le famiglie che non si possono permettere un alloggio vivono in strada, senza acqua e in condizioni igieniche pessime, che favoriscono anche la diffusione di malattie come il colera.

Nonostante i bisogni di salute sempre più in aumento, l’affluenza di pazienti adulti e pediatrici continua e i carichi di lavoro moltiplicati – dato anche il sovraffollamento in città – stiamo facendo il possibile per continuare a curare chi ne ha bisogno.

In un audio dal campo, Franco Masini descrive la situazione a Port Sudan e il nostro lavoro in città

1 febbraio

A Nyala prosegue l’attività cardiologica

“Molti di loro sono stati costretti a fuggire qui, verso il Sud Darfur, per mettersi in salvo dai combattimenti a Khartoum”.

Da Nyala, la nostra head nurse Islam ci racconta la situazione e il lavoro del nostro staff nazionale per riattivare a pieno regime il nostro Centro pediatrico.

“In queste settimane stiamo vedendo circa 60 persone a settimana, pazienti cardiaci operati al Salam. Hanno tra i 15 e i 50 anni, vengono qui per ricevere il farmaco anticoagulante che evita alle valvole cardiache di bloccarsi”.

La guerra ha causato un’impennata di prezzi per i beni e servizi essenziali: per esempio, il prezzo di questo farmaco nel Paese è quintuplicato. Da noi è disponibile, come sempre, gratuitamente per i pazienti che ne hanno bisogno.

A fine ottobre il Centro pediatrico di Nyala era stato saccheggiato e vandalizzato. Già pochi giorni dopo, il nostro staff sudanese si è messo al lavoro per riattivarlo.

Al momento proseguono le attività cardiologiche. Far entrare farmaci ed attrezzature biomedicali nel Paese per riequipaggiare l’ospedale continua a essere difficile, per questo motivo le attività pediatriche rimangono ancora sospese.

17 dicembre

Sospese le attività a Wad Madani

L’intensificarsi dei combattimenti a Wad Madani – a circa 130 km dalla capitale Khartoum – ci ha costretto a evacuare la clinica che gestivamo in città: un Ambulatorio cardiologico per offrire cure e follow-up ai pazienti cardiopatici in attesa di intervento o già operati presso il Centro Salam. Dieci colleghi, tutti sudanesi, sono stati evacuati.

A Wad Madani abbiamo tuttora anche un magazzino dove si trovano i rifornimenti indispensabili alle attività mediche e chirurgiche del Centro Salam.

La situazione in Sudan

Scontri armati tra esercito governativo sudanese e le milizie paramilitari Rapid Support Forces sono iniziati la mattina del 15 aprile 2023 dalle strade della capitale del Sudan, Khartoum. Nelle settimane precedenti, in diverse città del Paese si erano verificati atti di violenza e conflitto.

Oltre 6.7 milioni le persone che hanno abbandonato la propria casa fuggendo in altre zone del Paese o nei Paesi limitrofi, principalmente Egitto, Ciad e Sud Sudan.

Il conflitto e il crollo economico hanno reso 17,7 milioni di persone in tutto il Sudan gravemente bisognose di cibo, con 4,9 milioni di persone che stanno vivendo livelli di fame emergenziali.

Metà della popolazione del Paese ha bisogno di aiuto umanitario: secondo le Nazioni Unite, nei prossimi mesi saranno oltre 3 milioni i bambini malnutriti, di cui più di 600 mila molto gravi.

Le attività di EMERGENCY in Sudan

EMERGENCY ha subito rimodulato le sue attività in Sudan: a Khartoum le attività del Centro Salam di cardiochirurgia proseguono per garantire la continuità delle cure necessarie alla sopravvivenza ai pazienti ancora ricoverati.

Nello stesso complesso abbiamo costruito il Centro di chirurgia d’urgenza e traumatologia, una nuova struttura per garantire cure a chi non ha altri ospedali chirurgici disponibili a causa della guerra in corso.

Abbiamo anche avviato una rete di “cliniche satellite” del Salam: ambulatori cardiologici in diverse zone nel Paese per garantire l’assistenza necessaria a chi ha dovuto lasciare la capitale per fuggire dai combattimenti e ora non riesce a tornare, neanche per motivi essenziali come ricevere cure. Le prime due sono state aperte a Wad Madani, all’interno dell’ospedale governativo nel sud-est del Paese, e ad Atbara. A metà dicembre, la clinica di Wad Madani è stata evacuata e le attività sono state sospese.

A Port Sudan e a Nyala (Sud Darfur) i Centri pediatrici sono aperti. Rimane invece chiuso, per motivi di sicurezza, il Centro pediatrico di Mayo (Khartoum).

11 dicembre

Aggiornamento da Khartoum

Il 10 dicembre un convoglio della Croce Rossa internazionale è stato attaccato a Khartoum, in Sudan.

Dei 9 passeggeri, uno è morto sul colpo, gli altri feriti sono stati portati al nostro ospedale in città. Un ferito che era in condizioni gravissime è morto all’arrivo, 3 sono stati operati e 4 – che avevano ferite meno gravi – sono stati trattati in ambulatorio.

6 dicembre

Una storia da Khartoum

Nel Centro “Salam” di cardiochirurgia, M. ha potuto ricevere le cure adeguate di cui aveva urgente bisogno. Prima di arrivare nel nostro ospedale però, insieme a suo padre ha dovuto affrontare diversi ostacoli, che la guerra nel Paese continua a moltiplicare per tutta la popolazione, gran parte esclusa dall’assistenza sanitaria a cui avrebbe diritto.

 

12 novembre

Aggiornamento da Nyala

A Nyala, i nostri colleghi sudanesi al lavoro per ripristinare il Centro pediatrico, vandalizzato e saccheggiato il 25 ottobre, dopo l’arresto di diverse persone del nostro staff rilasciate poco dopo senza nessuna accusa.

Vogliono aprirlo il prima possibile perché – soprattutto in questo momento – mamme, bambini e i pazienti cardiopatici hanno bisogno di un posto dove ricevere cure.

Non sappiamo quando potremo riprendere l’attività: ci mancano medicinali – quelli che avevamo sono stati rubati e dispersi nel saccheggio – e a oggi non c’è un modo sicuro di farne arrivare di nuovi a Nyala, dobbiamo sostituire le attrezzature che sono state rubate, ma soprattutto dobbiamo poter assicurare l’incolumità dei pazienti e del nostro staff.

Un ospedale è un luogo di cura che non deve essere violato.

3 novembre

“Per tanti pazienti, trovare altrove i farmaci di cui hanno bisogno per sopravvivere è impossibile”: l’importanza delle cliniche satellite del Salam

“Per tanti pazienti, trovare altrove i farmaci di cui hanno bisogno per sopravvivere è impossibile. Un paziente è arrivato qui dal Darfur: ha viaggiato 13 giorni per raggiungere il nostro ambulatorio”.

Un viaggio lungo e molto pericoloso, reso insicuro dai combattimenti che da più di 6 mesi colpiscono il Sudan.

Per i pazienti cardiopatici operati al Centro Salam, ricevere i farmaci, le terapie e gli esami di cui hanno bisogno dopo l’intervento è una questione di vita o di morte. Molti di loro, però, hanno abbandonato Khartoum o vivono in zone da cui è difficile se non impossibile raggiungere la capitale.

Per questo abbiamo avviato una rete di “cliniche satellite” del Centro Salam nel Paese, in luoghi più facili e più sicuri da raggiungere. Per garantire l’accesso alle cure e la loro continuità anche in un contesto come quello del Sudan.

 

30 ottobre

Nyala: i nostri colleghi sono stati liberati, ma il Centro pediatrico è stato saccheggiato

I nostri colleghi del Centro pediatrico di Nyala, in Sud Darfur, arrestati la scorsa settimana sono stati tutti liberati con le scuse dei militari delle Rapid Support Forces. Sono scossi ma stanno tutti bene.

Il Centro pediatrico, invece, è stato saccheggiato: per questo motivo siamo costretti a sospendere le attività a tempo indeterminato.

Siamo al lavoro per capire se potremo riaprirlo e, nel caso, in quali tempi. Sono stati danneggiati i locali, le attrezzature, ma soprattutto è stata violata la sicurezza dello staff sudanese che da due mesi gestisce l’ospedale in autonomia pur di garantire l’assistenza necessaria ai bambini, alle madri e ai pazienti cardiopatici di Nyala e dei centri vicini.

I nostri colleghi sono stati i primi a chiederci di tenere aperto il Centro pediatrico per garantire la continuità delle attività sanitarie. Vedono in prima persona l’impatto del nostro lavoro sulla propria comunità, ogni giorno, e per questo non si sono mai tirati indietro.

Tuttavia, senza rassicurazioni sulla sicurezza del nostro staff, dei nostri pazienti e sulla possibilità di lavorare in modo indipendente non potremo riaprire l’ospedale.

A Khartoum, la situazione è sempre più difficile

Anche a Khartoum la gestione delle nostre strutture sta diventando sempre più difficile.

La città è irriconoscibile, dilaniata dai combattimenti che vanno avanti da oltre 6 mesi, la maggior parte degli ospedali sono chiusi per inagibilità o perché non sono più in grado di garantire assistenza per la mancanza dei farmaci e del materiale necessario.

C’è un bisogno enorme, ma anche nei nostri Centri di cardiochirurgia e di chirurgia di urgenza scarseggiano i farmaci, i materiali di consumo e il carburante necessario a far funzionare i generatori. Mancano le autorizzazioni per far arrivare il materiale sanitario e manca anche il personale necessario: molti colleghi sudanesi sono scappati con l’aumento dei combattimenti e riceviamo con molta lentezza i visti per il personale internazionale che sta aspettando da mesi di entrare nel Paese per dare il cambio ai colleghi che stanno gestendo le attività dall’inizio del conflitto.

Anche in guerra, il diritto alla cura deve essere garantito. Chiediamo il rispetto dei pazienti, del personale e delle strutture sanitarie per poter continuare a fare il nostro lavoro in Sudan.

27 ottobre

Il 25 ottobre, alcuni colleghi dello staff sudanese del Centro pediatrico di EMERGENCY a Nyala, Sud Darfur, sono stati prelevati dall’ospedale e arrestati dalle Rapid Support Forces (RSF).

Il nostro Centro pediatrico offre cure mediche gratuite a mamme, bambini e pazienti cardiaci.

Dallo scoppio della guerra lo scorso 15 aprile, il Centro ha continuato a garantire l’assistenza essenziale a una popolazione fortemente colpita dal conflitto.

Nelle ultime tre settimane l’ospedale è rimasto aperto con grandi difficoltà a causa dell’intensificarsi dei combattimenti, ma siamo sempre riusciti a mantenere i contatti con lo staff fino a martedì, quando la situazione sembrava essere in via di miglioramento. Da quel momento abbiamo perso i contatti con il resto dello staff, che dall’inizio della guerra erano possibili solo tramite telefono satellitare.

Non abbiamo quindi certezza sul numero delle persone arrestate né sulla loro identità, se non per quello che abbiamo appreso da un video pubblicato su alcuni social media. Al momento non abbiamo informazioni nemmeno sulle loro condizioni.

EMERGENCY chiede che venga tutelata l’incolumità dei colleghi, che vengano tutti rilasciati al più presto e che il Centro pediatrico venga rispettato per proseguire l’attività di cura in supporto alla popolazione locale già stremata dal conflitto.

25 ottobre: la situazione a Port Sudan

“Visitiamo circa 130 pazienti ogni giorno: oltre il 60% in più rispetto a prima della guerra”.

Mutassim, Coordinatore medico del nostro Centro pediatrico a Port Sudan, ci racconta la situazione in città. Dall’inizio del conflitto, oltre 120.000 sfollati sono arrivati nel “Red Sea State”; Port Sudan, la città principale, è diventata di fatto una piccola capitale: anche diverse istituzioni federali hanno lasciato Khartoum e ora operano da qui.

“Vediamo molti bambini che soffrono di malnutrizione, patologie gastrointestinali, diarrea, infezioni alle vie aeree e anemia falciforme”. Molti dei nuovi pazienti sono persone che hanno lasciato la capitale Khartoum per fuggire dai combattimenti e oggi vivono ai margini della città in accampamenti improvvisati, dove è difficile garantire condizioni igieniche di base.

Il nostro è un piccolo ospedale e noi facciamo tutto il possibile per garantire accesso e continuità delle cure ai nostri pazienti. Ma i bisogni, con la guerra, sono diventati enormi anche in questa città lontana dai combattimenti.

Il Centro pediatrico di EMERGENCY a Port Sudan è finanziato da AICS.

21 ottobre: “Vediamo pazienti che arrivano in condizioni sempre peggiori”

Vediamo pazienti che arrivano in condizioni sempre peggiori”, racconta Gina – Coordinatrice medica – da Khartoum. Un’altra delle tante conseguenze della guerra: a causa del conflitto, gli spostamenti sono difficili e pericolosi e le persone aspettano fino all’ultimo per evitare di mettersi in viaggio.

Anche al Centro Salam di cardiochirurgia vediamo arrivare pazienti letteralmente in fin di vita: tra loro, una bambina proveniente da Geneina, al confine con il Ciad.

È sopravvissuta solo poche ore dopo il suo arrivo perché è arrivata in condizioni già troppo compromesse… A volte è davvero frustrante”.

15 ottobre: 6 mesi di guerra

Sei mesi fa scoppiava la guerra in Sudan: dal 15 aprile il conflitto ha provocato oltre 9.500 vittime e sono 5,5 milioni le persone fuggite dalle loro case per i combattimenti.

Ad agosto abbiamo aperto un nuovo Centro chirurgico a Khartoum, per garantire cure urgenti a chi non può riceverle in altre strutture. Riceviamo persone ustionate da esplosioni, ferite da pallottole e mine, ma anche pazienti feriti da incidenti o traumi di natura civile. Dall’apertura abbiamo curato oltre 500 persone.

Continuiamo l’attività cardiochirurgica e cardiologica al Centro Salam, anche se per i pazienti è sempre più difficile mettersi in viaggio. In generale, è difficile avere i rifornimenti anche dei beni essenziali, gasolio e medicine e ogni giorno c’è una nuova difficoltà, oltre al deteriorarsi delle condizioni di sicurezza.

Questa guerra interessa poco ai media, ma ha già causato un’enorme crisi umanitaria.
Noi restiamo qui: non abbandoniamo il Sudan.

Un aggiornamento dal Centro pediatrico di Port Sudan

Il racconto di Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, sul nostro lavoro nel Paese e sulle attività del Centro Pediatrico di Port Sudan: qui, durante questi mesi di guerra, abbiamo registrato un incremento del 60% degli accessi di bambini.

6 ottobre: la storia di Juma

Si chiama Juma. Ha 11 anni. Ha perso un occhio e una mano per una granata.

Quando è arrivato nel nostro ospedale di Khartoum urlava per la paura. Un pezzo di cioccolata era l’unica cosa in grado di tranquillizzarlo.

I suoi genitori sono dispersi, probabilmente a causa del conflitto.

Ora sta meglio. L’altro occhio – che era stato colpito – è salvo, “Juma è tornato a essere vispo, ieri è anche uscito in giardino per mangiare” racconta Gina Portella, Coordinatrice medica.

In una Khartoum dilaniata dai combattimenti, il nostro Centro di traumatologia e chirurgia di urgenza offre cure alle vittime civili della guerra.

Non abbandoniamo il Sudan.

29 settembre: nella Giornata mondiale del cuore, un aggiornamento dal Salam

Al Centro Salam di cardiochirurgia continuano ad arrivare pazienti, nonostante la guerra.

I combattimenti rendono difficili gli spostamenti per molti, ma le cure che ricevono al Centro – l’intervento, gli esami di controllo, la terapia che devono seguire per tutta la vita – sono per molti indispensabili alla loro stessa sopravvivenza.

Come è successo a Mariam, una ragazza di 32 anni.

18 settembre: “la guerra continua in maniera impressionante”

Tra i pazienti del nostro Centro di chirurgia d’urgenza e traumatologia di Khartoum c’è anche Woul, 10 anni. Sua madre ci ha raccontato che è stato colpito da una pallottola mentre dormiva.

Continuiamo a ricevere feriti: tra loro bambini, ragazzi, donne anziane. Vittime della guerra e delle sue conseguenze, come i saccheggi.

La situazione a Khartoum è “molto pesante”, ci racconta Gina, Coordinatrice medica del Centro.

12 settembre: “sentiamo spesso esplosioni, a volte parecchio vicine”

 

A Khartoum, i combattimenti continuano. “Sentiamo spesso esplosioni, a volte parecchio vicine” racconta Gina.

Nel nuovo Centro di chirurgia di urgenza e traumatologia abbiamo già ricevuto più di 300 pazienti.

Intanto, proseguono le attività del Centro Salam.

Nelle due nuove cliniche cardiologiche che abbiamo aperto a Wad Madani e Atbara, molti dei pazienti arrivano da luoghi distanti: vengono per ricevere la terapia necessaria dopo l’intervento al cuore.

29 agosto: aperta la seconda “clinica satellite” del Salam ad Atbara

Ad Atbara, in Sudan, è aperta la seconda delle nuove “cliniche satellite” del Salam.

Qui, come a Wad Madani, garantiremo i controlli e la terapia necessari ai pazienti che abbiamo operato al cuore a Khartoum, oltre all’assistenza preoperatoria per chi è in attesa di intervento.

La rete di ambulatori cardiologici che stiamo avviando in diverse zone del Paese è la nostra risposta per assicurare le cure necessarie ai nostri pazienti, anche in un contesto di guerra in cui spostarsi è per molti difficile se non impossibile. Anche per motivi essenziali come le cure.

Non abbandoniamo il Sudan.

22 agosto: combattimenti a Nyala vicini al nostro Centro pediatrico

Negli ultimi giorni sono ripresi i combattimenti a Nyala, in Sud Darfur.

Si combatte anche vicino al nostro Centro pediatrico. Stamattina un razzo è arrivato nel giardino del compound: fortunatamente non ci sono stati feriti, ma la sicurezza del nostro staff e dei nostri pazienti è a rischio come mai dall’inizio della guerra.

18 agosto: il nuovo ambulatorio cardiologico a Wad Madani

Molti abitanti della capitale Khartoum, per fuggire dai combattimenti, si sono rifugiati in altre zone del Paese e ora non riescono a tornare neanche per motivi essenziali come ricevere cure.

Tra di loro tanti pazienti del nostro Centro Salam di cardiochirurgia, che dopo l’intervento hanno bisogno di cure e controlli continuativi.

Per garantire loro l’assistenza necessaria anche in un contesto di guerra, stiamo avviando una rete di “cliniche satellite” del Salam: ambulatori cardiologici in diverse zone nel Paese.

Abbiamo aperto la prima qualche giorno fa a Wad Madani, nel sud-est del Sudan, all’interno dell’ospedale governativo.

Alcuni pazienti, nei giorni precedenti l’apertura, ci hanno riconosciute al mercato e hanno chiesto informazioni. Il passaparola è già iniziato” ci hanno raccontato Samar, Asfar e Wafa.
Hanno già lavorato con noi al Salam. A causa della guerra anche loro avevano lasciato Khartoum; ora, “è stato bello poter finalmente tornare al lavoro”.

A causa dei combattimenti che si sono intensificati nell’area, a metà dicembre abbiamo evacuato il personale della clinica di Wad Madani non residente in città – dieci persone, compresi chirurghi e farmacisti, tutti sudanesi – e sospeso le attività.

17 agosto: il nuovo Centro di chirurgia d’urgenza e traumatologia a Khartoum

“Finora abbiamo ricevuto 77 pazienti, di cui 44 con ferite da guerra e 2 morti all’arrivo”, racconta Gina, coordinatrice medica.

A Khartoum, nel complesso del Centro Salam, abbiamo costruito una nuova struttura per garantire cure a chi non ha altri ospedali chirurgici disponibili a causa della guerra in corso.

Qui curiamo anche le vittime del conflitto che da più di quattro mesi affligge il Paese: “siamo in zona di guerra, una guerra attiva, anche se i combattimenti sono un po’ distanti rispetto all’ospedale. Le persone fanno fatica a muoversi. Quindi i pazienti arrivano in condizioni gravi se non estreme, ed è ciò che vediamo ormai dall’inizio del conflitto anche nell’ospedale cardiochirurgico”.

24 luglio: 100 giorni di guerra in Sudan

Dalla capitale Khartoum, i nostri colleghi raccontano la situazione nel Paese e il nostro lavoro per continuare a garantire cure nel Centro “Salam”, l’unico ospedale cardiochirurgico totalmente gratuito di tutta l’Africa.

15 luglio: tre mesi di combattimenti in Sudan

Ancora in questi giorni, “dal Salam sentiamo i rumori dei combattimenti. Ci sono stati colpi di armi da fuoco pesanti e abbiamo visto colonne di fumo alzarsi”. A tre mesi dall’inizio degli scontri armati in Sudan, Franco – Coordinatore Medico del nostro Centro di cardiochirurgia in Sudan – ci racconta la situazione a Khartoum.

Le attività del Salam proseguono, anche se a ritmo ridotto. Continuiamo a operare e a ricoverare pazienti, a fare le visite di follow-up e la terapia anticoagulante, ma “molti pazienti non riescono ad arrivare, i trasporti sono difficili se non impossibili” in un contesto così insicuro.

3 luglio – La situazione a Port Sudan

“Da quando è scoppiato il conflitto in Sudan, migliaia di sfollati hanno raggiunto Port Sudan, nella speranza di riuscire a fuggire in Paesi come Egitto o Arabia Saudita”. Mutasim, il nostro Coordinatore medico a Port Sudan, ci aggiorna sulla situazione in città e sulle attività del nostro Centro Pediatrico.

Il numero di pazienti che arrivano da noi è raddoppiato rispetto a un anno fa: 60 bambini al giorno, la domenica anche più di 100. La maggior parte soffrono di anemia falciforme o patologie respiratorie, rese ancora più acute dal caldo: qui le temperature hanno raggiunto i 40 gradi”.

La guerra ha prosciugato tutte le risorse economiche”, continua Mutasim. “Molti hanno perso il lavoro e non hanno più niente. I loro bambini hanno bisogno di cure e vaccinazioni: sanno che da noi possono riceverle senza dover pagare.”

20 maggio – La storia di Jamis

A soli 28 anni, Jamis soffre di una grave malattia valvolare al cuore.

Dal Sud Sudan è arrivato a Khartoum all’inizio di quest’anno, in cerca di aiuto. Dopo una visita al nostro Centro Salam di cardiochirurgia, lo avevamo messo in lista per un intervento.

Ma la guerra ha cambiato tutto. Dopo l’inizio del conflitto ha dovuto lasciare la casa dove viveva in attesa del ricovero, per fuggire dagli scontri armati e dai bombardamenti che colpivano il quartiere.

Poco più di due settimane fa, poi, le sue condizioni si sono aggravate improvvisamente.

Subito ha raggiunto il Salam, sperando di trovarlo aperto nonostante i combattimenti.

Ora, dopo l’intervento e il ricovero, Jamis si sta riprendendo nella guest house dell’ospedale.

17 maggio – A Nyala continuiamo a vaccinare

“Siamo uno dei pochi centri rimasti aperti dove le mamme possono far vaccinare i loro bambini” racconta Laura, da Nyala. “In soli tre giorni, da quando abbiamo ripreso a effettuarli, abbiamo già somministrato più di 400 dosi”.

Dallo stato del Sud Darfur, in Sudan, la Medical Coordinator del nostro Centro pediatrico ci manda un aggiornamento.

Le nostre attività a Nyala non si sono mai fermate, nemmeno nei giorni in cui i combattimenti erano più intensi. Madri e bambini continuano ad arrivare, così come i pazienti darfuriani che erano stati operati al cuore al Centro Salam a Khartoum e che vengono da noi per fare i controlli e ricevere la terapia, circa 20 ogni giorno”.

9 maggio  – Intervento urgente al Centro “Salam”

Nonostante tutte le difficoltà di un contesto di guerra, al Centro “Salam” di cardiochirurgia continuiamo a operare, anche se con numeri ridotti.

Domenica il nostro team chirurgico a Khartoum ha eseguito un intervento urgente su H., una ragazza di 18 anni che soffriva di una grave insufficienza valvolare.

Era stata ricoverata da noi in attesa dell’intervento ma quando sono iniziati i combattimenti l’abbiamo dimessa, per questioni di sicurezza.

Aspettava di poter rientrare in ospedale quando le sue condizioni si sono aggravate d’improvviso, in una sola notte. L’intervento non poteva più aspettare.

Ora si trova in Terapia intensiva, monitorata costantemente dal nostro staff.

5 maggio – I pazienti del Programma Regionale tra cui K.

“Delle 40 persone che ospitavamo in guest house a metà aprile – pazienti, parenti e traduttori, provenienti da diversi Paesi africani – siamo riusciti in questi giorni a rimpatriare la maggior parte di quelli provenienti da Uganda e Burundi, e presto evacueremo anche quelli che arrivano dal Ciad” ci racconta Franco Masini, Medical Coordinator del Centro Salam.

In ospedale, oggi, rimangono poco più di 20 pazienti che non possono essere spostati per le loro condizioni di salute: alcuni sono già stati operati, altri sono in attesa dell’intervento.

E nonostante l’insicurezza nel Paese, anche in questo periodo così difficile sono arrivati pazienti critici, da operare in urgenza: la nostra permanenza in Sudan ha permesso di garantire loro le cure salvavita a cui non avrebbero avuto accesso altrimenti.

Tra i pazienti in questi giorni ricoverati c’è anche K., 15 anni, arrivato a fine marzo dall’Uganda nell’ambito del Programma Regionale.

Soffre di una grave disfunzione valvolare al cuore e fin da subito le due condizioni sono apparse molto gravi.

Lo abbiamo operato il giorno dopo lo scoppio degli scontri nel Paese. Il suo non è stato un decorso facile: prima un’insufficienza renale, che ci ha costretto a metterlo sotto dialisi, poi una grave infezione e il sanguinamento gastrointestinale.

Oggi è perfettamente cosciente, anche se le sue condizioni rimangono gravi. Accanto a lui, ogni giorno, sua sorella – che lo ha accompagnato in questo lungo viaggio dal suo Paese – gli stringe la mano per dargli forza.

29 aprile – Nonostante la guerra continuiamo a operare

Nonostante la guerra, che ci costringe a lavorare a ritmo ridotto, le attività del Centro Salam di cardiochirurgia proseguono: i pazienti più urgenti non possono aspettare.

Oggi abbiamo eseguito un intervento chirurgico di duplice sostituzione valvolare, mitralica e aortica.

Un altro paziente verrà operato domani.

Una sola priorità: i nostri pazienti.

28 aprile – Testimonianza dal Centro per la terapia anticoagulante

Anche in questi giorni di guerra, lo staff rimasto al Centro Salam continua ad assistere chi ne ha bisogno. 

“È fondamentale la continuità delle cure: le persone operate per una sostituzione valvolare devono seguire una terapia per tutta la vita” ci spiega Nicoletta, ematologa del nostro Centro Salam a Khartoum. 

Ancora stamattina, dall’ospedale sentivamo il rumore dei combattimenti in città, ma nonostante l’insicurezza delle strade i pazienti continuano ad arrivare al nostro Centro per la terapia anti-coagulante, per fare i controlli (indispensabili) e per ritirare (gratis) i farmaci essenziali.  

Sono la metà dei pazienti che arrivavano prima dell’inizio dei combattimenti: non possiamo fare a meno di chiederci in che condizioni si trovano ora quelli che non riescono a raggiungere il centro. 

26 aprile – A Khartoum le attività del Centro Salam proseguono

A Khartoum le attività del Centro Salam di cardiochirurgia proseguono per garantire la continuità delle cure necessarie alla sopravvivenza ai pazienti ancora ricoverati.

Ed è grazie al grandissimo lavoro dei colleghi sudanesi, che stanno in ospedale 24 ore su 24, se al momento sono aperti la Terapia intensiva e l’Ambulatorio per la terapia anticoagulante. “Sono loro il cuore pulsante di questo ospedale”, ci scrive Elena da Khartoum.

Abbiamo ancora diversi pazienti ricoverati che necessitano delle nostre cure e non possono essere abbandonati, ci raccontano i colleghi.

In questi giorni abbiamo dimesso, quando possibile, tutti i pazienti che erano in condizione di uscire dall’ospedale. Fatto questo – e con le attività dell’ospedale ridotte in conseguenza della situazione nel Paese – c’è stata l’evacuazione di un secondo gruppo di staff internazionale verso l’Europa.

I 7 membri dello staff sanitario internazionale rimasti al Salam, tutti italiani, stanno portando avanti le attività insieme allo staff sudanese: le cure in Terapia intensiva e quelle nell’ambulatorio INR, necessarie per i pazienti che in questi anni hanno subito un intervento al cuore.

A Port Sudan e a Nyala i Centri pediatrici sono aperti. Rimane invece chiuso, per motivi di sicurezza, il Centro pediatrico di Mayo.

24 aprile – Un appello a tutte le parti in conflitto in Sudan

Chiediamo a tutte le parti in conflitto in Sudan di rispettare le nostre strutture sanitarie. I nostri ospedali sono luoghi neutrali, dove curiamo chiunque ne abbia bisogno, senza discriminazioni.

Molti dei pazienti del Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum possono sopravvivere solo se costantemente assistiti, anche da macchine. Qualsiasi interferenza con l’attività medica metterebbe a rischio la loro sopravvivenza.

23 aprile – Il racconto dei colleghi rimasti al Centro “Salam”

Sono giorni estremamente difficili e di grande tensione a Khartoum, ma abbiamo deciso di rimanere qui per gli 81 pazienti in cura nel nostro ospedale. Non possiamo abbandonarli perché rischierebbero la vita” spiega Franco Masini, Medical Coordinator del Centro Salam di cardiochirurgia. “Tuttora molti colleghi dello staff sudanese non possono tornare a casa per motivi di sicurezza e stanno dormendo in ospedale per dare continuità di cura a pazienti ricoverati”.

Sono 7 gli operatori di EMERGENCY che hanno scelto di tornare in Italia con il convoglio di evacuazione organizzato dall’ambasciata italiana. Ognuno ha deciso individualmente se lasciare l’ospedale sulla base della valutazione delle precarie condizioni di sicurezza della capitale e dei bisogni dei pazienti.

Altri 46 operatori internazionali di EMERGENCY, di cui 38 italiani, hanno deciso di rimanere in Sudan dove proseguiranno il loro lavoro negli ospedali di Khartoum, Nyala e Port Sudan.

Finora, nessuna delle nostre strutture e nessuno del nostro staff è stato attaccato o minacciato direttamente.

19 aprile – Aggiornamenti dagli scontri a Khartoum e Nyala

Dal nostro ospedale a Khartoum abbiamo sentito il rumore dei combattimenti per tutta la notte e ancora questa mattina.

Gli scontri si sono fatti anche più vicini al nostro Centro “Salam” di cardiochirurgia, dove le attività sono state ridotte per la mancanza del personale che è rimasto bloccato nelle proprie case a causa degli scontri.

A Nyala, la situazione sembra migliorata rispetto ai giorni scorsi. Questa mattina abbiamo ricominciato a ricevere pazienti nel Centro pediatrico e anche le attività commerciali stanno lentamente ricominciando ad aprire.

17 aprile – “Presto finiremo le piastrine e non potremo più fare interventi”

Al terzo giorno di scontri in Sudan, da Khartoum l’aggiornamento della direttrice programma di EMERGENCY Muhameda Tulumovic: “Nel nostro Centro Salam di cardiochirurgia  stiamo operando i casi più urgenti, nei prossimi giorni finiremo le piastrine e non potremo più fare interventi”.

16 aprile – Continuiamo a operare a regime ridotto

Il Centro Salam a Khartoum continua a lavorare a regime ridotto, mentre il Centro pediatrico di Mayo rimane chiuso. Nei prossimi giorni rischiamo di avere scarsità di sangue e piastrine ci aggiorna Muhameda Tulumovic proprio dal nostro ospedale di Khartoum. A Nyala, dove ci sono ci sono accesi combattimenti, la situazione è molto delicata.

15 aprile – Ridotte le attività di EMERGENCY in Sudan

Nel Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum molti membri dello staff sudanese non possono tornare a casa per motivi di sicurezza e rimarranno qui. Abbiamo chiuso il Centro pediatrico di Mayo, alle porte della capitale, facendo evacuare lo staff. Dalle città dove operiamo con gli altri nostri due Centri pediatrici le notizie che ci giungono al momento sono da Port Sudan di forze dell’ordine, esercito e carri militari in strada, pronti a intervenire in caso del diffondersi degli scontri anche se al momento la situazione è ancora sotto controllo; da Nyala, di aeroporto e negozi chiusi, e forze armate appena fuori dalla città” spiega Muhameda Tulumovic, direttrice del programma di EMERGENCY in Sudan.