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Ecco la quotidianità di Kabul

Tutto scorre. Tra il giro visite del mattino, le medicazioni, le cartelle di dimissioni e qualche nuovo ingresso. Siamo immersi nella quotidianità di questo ospedale quando, verso l’ora di pranzo, il Pronto soccorso comincia a riempirsi di pazienti. Ci sono state molte esplosioni, qui a Kabul e anche in distretti lontani. Li medichiamo, alcuni hanno bisogno di essere operati. Intanto, tutto scorre. Fino a sera l’ospedale continuerà a riempirsi di feriti, di storie sconosciute, di frammenti di vita.

Quando la situazione sembra tornare tranquilla, ecco entrare un padre con il suo piccolo in braccio. Il bambino ha solo 6 mesi ed è ferito alla gamba. Poco dietro c’è anche sua moglie. Ha il torace e l’addome fasciati.

Stavano rientrando in casa da una festa di matrimonio quando sono stati colpiti da una raffica di spari. I proiettili hanno raggiunto la mamma e il suo bambino proprio mentre si stavano abbracciando.

Iniziamo a curare le loro ferite. Il piccolo ha un femore fratturato, la madre molteplici ferite alla pancia e al seno. La portiamo subito in sala, per operarla d’urgenza, mentre il bambino rimane in reparto, in attesa dell’intervento.

Il padre è sempre lì, a coccolare il suo bambino per cercare di placarne il pianto. Trascorrerà tutta la notte vicino a lui: il giorno dopo, al mattino, lo troveremo ancora lì, che prova ad accennare un sorriso.

“Fuori c’è la guerra, ma non per questo posso chiudermi in casa: ho la responsabilità di vivere, per me e per i miei figli”, sentiamo dire spesso dai nostri pazienti.

Ecco la quotidianità di Kabul.

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