“Dov’è nostro padre?”
“Quella sera faceva molto freddo e pioveva. Io e la mia famiglia avevamo camminato tutto il giorno per raggiungere un villaggio e cercare un riparo. Era il 1991, stavamo fuggendo dai combattimenti nella nostra città.
Ci serviva legna per il fuoco, così io e mio padre abbiamo deciso di salire su una collina poco distante dalla strada.
Sono bastati pochi passi in quel terreno per vedere mio padre saltare in aria. Aveva pestato una mina.”
In pochi istanti il corpo di Amanj si è ricoperto di sangue. La forte deflagrazione lo aveva sbalzato diversi metri più lontano.
“Intorno era tutto buio, tutto sfocato… Mi sono messo a piangere e urlare poi ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato in ospedale, le mie gambe non c’erano più.”
“Dov’è nostro padre?” ho chiesto subito a mio fratello. Quella mina lo aveva ucciso.
Amanj è uno dei pazienti storici del nostro Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale di Sulaimaniya, nel Kurdistan iracheno. Lo abbiamo conosciuto nel 1998, quando abbiamo iniziato a offrire protesi, fisioterapia, riabilitazione e formazione gratuiti alle vittime delle mine come lui.
Anno dopo anno, Amanj torna da noi per l’adattamento delle protesi al suo corpo e gli esercizi in sala training. “Grazie a voi riesco a stare in piedi e camminare”, ci dice Amanj.
“La fisioterapia è importante per rieducare il corpo a svolgere anche i più semplici movimenti della vita quotidiana. Sproniamo Amanj a guardare sempre avanti a testa alta e trovare un nuovo equilibrio”, ci spiega il nostro fisioterapista Farhan.
Dall’apertura del Centro, abbiamo costruito e applicato circa 12.000 protesi per arti inferiori e superiori.