“Magari passo anche a salutare Sherin Gul”
Sudan, Centro Salam, 14 agosto.
Come sempre, ci sono molti pazienti in attesa di essere operati, spesso giovani e in condizioni gravi.
E intanto i colleghi che lavorano a Kabul inviano notizie preoccupanti, notizie di guerra. Si combatte a Ghazni, le strade sono bloccate, non c’è acqua, non ci sono rifornimenti, nessuno sa quante siano le vittime dei combattimenti, ma si parla di centinaia.
La tensione per la delicatezza degli interventi che svolgiamo qui – per “riparare” valvole cardiache devastate dalla malattia reumatica in bambini di 11 -15 anni – si mischia alla tristezza per quello che sta succedendo in Afghanistan.
In una sala operatoria uno specializzando in anestesia sudanese sta preparando la paziente per il prossimo intervento e sul lettino vedo… una ragazza afgana, arrivata grazie al nostro Programma regionale che ha portato qui al Salam pazienti da quasi 30 Paesi per dare loro la possibilità di un intervento al cuore.
Penso che qualcuno gli afgani li massacra, qualcun altro invece prova a dar loro una speranza con un intervento che non si sarebbero mai aspettati di poter avere.
Sherin Gul, 28 anni, sta morendo di paura in questa sala super moderna, circondata da gente sconosciuta con le facce mezze nascoste da una mascherina. Mi ricordo un saluto afgano, cerco di dirle che va tutto bene, in sala ridono un po’ della mia strana lingua ma lei è grata.
Il giorno dopo, in rianimazione, è sveglia. La saluto con allegria per cercare di non farla sentire sola. Le spiego che è andato tutto bene e che il suo difetto cardiaco congenito è stato corretto. Chissà se sa cosa sta succedendo nel suo Paese. Le scatto una foto, potrei mandarla ai colleghi a Kabul penso, forse darà loro un po’ di coraggio sapere che Sherin Gul, a migliaia di chilometri di distanza, viene curata. Ci sono altri 3 pazienti in attesa che vengono da Kabul. Sono andata a cercarli in corsia per conoscerli.
Karima ha 38 anni. Lo scorso maggio è stata visitata a Kabul dai nostri cardiologi, che le hanno diagnosticato una malattia valvolare passibile di chirurgia. Non smette più di abbracciarmi, io mi faccio forte delle mie quattro parole afgane. Mi trascina a conoscere Mohammad Lal e Gul Islam, gli altri due pazienti arrivati dall’Afghanistan.
Quella sera ho ripensato a un articolo, che ho letto su una rivista scientifica, in cui si cita il Centro Salam. In Africa c’è un centro cardiochirurgico ogni 8,5 milioni di persone, il centro di EMERGENCY è l’unico a offrire cure gratuite ed è tra i pochissimi in grado di effettuare più di 500 interventi l’anno. E qui è arrivato anche un gruppo di persone dall’Afghanistan, con la speranza di ritrovare una vita normale, mentre da casa loro arrivano notizie sconfortanti. C’è di che restare travolti emotivamente.
Mando le foto a Kabul e vado a visitare il bambino di 11 anni che domani dovrà affrontare un intervento a cuore aperto. Magari passo anche a salutare Sherin Gul.
— Gina, anestesista di EMERGENCY, dal Sudan