A Shirin, e al coraggio e alla forza di ogni madre
Shirin, incinta al nono mese, è stata ferita da un’esplosione nella città di Ghazni, a circa 150 km da Kabul.
Una serie di schegge aveva perforato il suo addome e raggiunto anche il piede destro del bambino che portava in grembo: appena è arrivata al nostro ospedale per vittime di guerra di Kabul, abbiamo dovuto effettuare un cesareo d’urgenza.
Quando è nato Abdul – così Shirin ha chiamato suo figlio – lo abbiamo operato immediatamente per rimuovere una scheggia dal suo piede.
Oggi, per fortuna, sono entrambi fuori pericolo. Nel giardino del nostro ospedale, Shirin tiene Abdul stretto a sé: il piccolo dorme dentro a una coperta a fiori.
Ogni volta che guardiamo la fasciatura di Abdul al piede, ci chiediamo se sia stato il bambino più sfortunato della terra… o quello più fortunato.
Solo pochi centimetri di differenza e quella scheggia avrebbe potuto colpire un organo vitale o la testa. Così piccolo, è stato attaccato nel posto più sicuro del mondo: la pancia della sua mamma.
Anche Abdul è una vittima della guerra. Ancor prima di nascere.
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