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Il commento di EMERGENCY alla dichiarazione dello “stato di emergenza”

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La migrazione come emergenza. È questa la visione del governo, con la quale l’esecutivo ha ufficializzato l’intenzione di trattare un fenomeno strutturale – la cui esistenza e irreversibilità sono evidenti da almeno dieci anni – come un’emergenza.

Una forzatura in linea con la logica securitaria e di difesa dei confini degli altri provvedimenti già adottati e proposti dal governo in materia di migrazione. Dal cosiddetto ‘decreto Ong’, che ha reso più difficile il lavoro di quanti prestano soccorso in mare mettendo ancora più a rischio il viaggio dei migranti che provano ad arrivare in Europa dall’Africa, al decreto legge 20/2023 che stabilisce una stretta sulla protezione speciale, tempi di permanenza più lunghi nei Cpr e semplificazioni per i rimpatri e le espulsioni.

Dall’inizio del 2023 sono 31.200 migranti arrivati via mare nel Paese, il +300% rispetto all’anno scorso. Sono questi numeri la giustificazione utilizzata dal governo per dichiarare lo stato di emergenza che consentirà – tra le altre cose – di realizzare nuove strutture per l’accoglienza, il riconoscimento e rimpatrio dei migranti in deroga alle norme ordinarie, con il rischio che queste strutture diventino poco più che parcheggi per alcuni e occasione di guadagno per molti altri.

La dichiarazione dello stato di emergenza ben rappresenta l’attitudine di questo governo verso le migrazioni.

Anziché programmare l’accoglienza e l’integrazione, ampliare e garantire le forme di protezione previste a livello internazionale, rivedere le regole per aprire vie legali e sicure di ingresso – anche per motivi di studio e lavoro – e convincere l’Europa della necessità improrogabile di una missione di ricerca e soccorso in mare per il Mediterraneo – la rotta migratoria più pericolosa del mondo – l’Italia sceglie di semplificare la strada verso rimpatri ed espulsioni. Anziché lavorare in Europa per rivedere il ‘sistema Dublino’, cerca accordi con i Paesi di partenza e transito in Africa – spesso con gravi lacune in materia di diritti umani – perché trattengano i migranti e perché riammettano le persone che l’Italia intende rimpatriare.

La vera emergenza non è rappresentata dall’aumento degli arrivi di migranti sulle nostre coste, ma dalla mancata programmazione, dalla mancanza di un piano nazionale di accoglienza in grado di far fronte ai bisogni.

L’emergenza è rappresentata dall’assenza di una missione europea di ricerca e soccorso, dalle ormai documentate pratiche di omissione di soccorso in favore dei respingimenti, dal fatto che nel Mediterraneo centrale muoia 1 persona ogni 4 ore e che solo l’anno scorso oltre 20 mila migranti siano stati respinti in Libia.